Booking.com e AirbnbAdesso l'Europa fissa nuove regole

Un mercato che si sta espandendo a macchia d’olio, e che in taluni casi necessita ancora di regole precise. È quello delle locazioni brevi, una soluzione che sta conquistando il favore dei viaggiatori sia business, sia leisure, ma che scatena le ire degli albergatori e degli operatori turistici.

Fluidità delle regole
Questi ultimi denunciano la fluidità delle regole cui i portali specializzati in home sharing sono sottoposti, così come i problemi fiscali che si possono presentare. Se è vero, infatti, che eventuali casi di evasione sono da collegarsi a responsabilità dei privati, resta qualcosa che sfugge alle casse dei Comuni, come nei casi di mancato versamento della tassa di soggiorno.

Il caso estremo della Turchia
Un problema che esce dai confini nazionali; lo dimostra quanto accaduto in Turchia dove, dopo aver bloccato l’attività di Booking.com nel Paese, il governo sta pensando di estendere il provvedimento anche ad altri siti come Airbnb. Non sono certo tenere le parole dell’associazione degli agenti di viaggi turchi, che senza mezze misure ha accusato questo e altri siti di home sharing di concorrenza sleale e di evasione fiscale.

Le contromisure di Amburgo
Senza ricorrere a una misura così drastica, che tra l’altro farebbe della Turchia il primo Paese europeo a chiudere sul suo territorio l’attività di questo tipo di portali, un’ottima via è quella seguita da Amburgo. La città ha approvato una legge che obbliga gli host a uscire dall’anonimato fornendo ai clienti un codice identificativo di prenotazione.

Qualcosa di simile è accaduto nei mesi scorsi a New York, dove il sindaco Bill de Blasio ha firmato il disegno di legge che obbliga Airbnb a fornire i nomi e gli indirizzi degli host.

Il nodo tariffario
Ma le grane per il colossso dell'home sharing non finiscono qui. A puntare il dito contro di lui è, infatti, anche la Commissione europea, che ha dato tempo all’azienda solo fino alla fine di questo mese per fare chiarezza sul fronte tariffario.

In particolare, la commissione chiede che le indicazioni dei prezzi nei risultati di ricerca comprendano tutte le tasse e tariffe obbligatorie, oltre a riportare se l’offerta viene fatta da un privato o da un professionista, in quanto le tutele per i consumatori sono differenti. “La popolarità - spiega la commissaria Ue alla giustizia Vera Jourova - non è una scusa per non conformarsi alle norme Ue di tutela dei consumatori”. Un attacco su più fronti, dunque. E il tempo per mettersi in regola sta per scadere.
Stefania Galvan

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