Vettori, promessa mancata
La ripresa è ancora lontana

Una promessa mancata. L’entusiasmo della fine della pandemia ha creato forse attese troppo ottimistiche nel trasporto aereo. Si sperava che il forte rimbalzo della domanda avrebbe portato a un pieno recupero del comparto già entro quest’anno, ma poi sono stati tanti, troppi gli imprevisti e gli eventi avversi per le compagnie aeree. A partire dal conflitto in Ucraina, un fulmine a ciel sereno mentre i vettori, ammaccati dalla paralisi del biennio precedente, provavano a rimettere in pista aeromobili e schedule. Poi la crisi energetica e l’inflazione, per continuare con aeromobili difettosi e consegne in stallo, fino alle vicissitudini che stanno infiammando il Medio Oriente e all’instabilità geopolitica.

Non sorprende quindi che i vettori escano un po’ a testa bassa dalle prime trimestrali. I conti di major e low cost non sorridono e in più casi tocca rivedere le stime, perché le perdite sono troppe e gli aeromobili scarseggiano.

I numeri

L’ultimo dato in negativo arriva dal Gruppo Air France-Klm che ha dichiarato perdite per 560 milioni di dollari, attribuendo in parte le responsabilità alla situazione geopolitica.

Anche i tedeschi di Lufthansa, per una volta, hanno svelato al mercato un momento di debolezza, annunciando di aver rivisto al ribasso le stime dell’utile per il 2024, a fronte di un Ebit Adjusted negativo per 849 milioni di euro. In questo caso il Gruppo ha individuato negli scioperi del personale la causa principale, ma restano, per stessa ammissione del Gruppo, ancora molti problemi sul fronte della capacità, per i ritardi nelle consegne.

Un problema, insieme a quello delle numerose problematiche riscontrate sia sui velivoli Boeing che Airbus, che sta vessando anche le low cost. Una su tutte Wizz Air, che secondo quanto affermato dal ceo Varadi, ha dovuto rinunciare al 20% della sua flotta, a terra in seguito alla scoperta di un difetto nei motori Pratt & Whitney dei suoi Airbus. Anche la low fare ha dovuto rivedere al ribasso le stime per l’intero anno, prevedendo un utile netto tra i 350 e i 370 milioni di euro, e non più tra i 350 e 400 milioni, come inizialmente previsto.

Non va meglio la situazione oltreoceano, dove United ha registrato 200 milioni di danni in seguito allo stop dei Boeing 737 Max. Una beffa pesantissima per una compagnia che ha contribuito alla nascita del costruttore Usa.

Alle soglie dell’estate il trasporto aereo si mostra così ancora zoppicante, non aiuta la situazione internazionale e non aiutano i problemi sugli aeromobili, che non solo portano a rivedere continuamente le programmazioni e a fare rinunce, ma portano i vettori a mettere mano ai portafogli per rimediare con i mezzi a disposizione a una supply chain in affanno.

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