Il marchio Italia a TTG Incontri con Anna Maria Testa

Il Giappone a bordo di un treno in compagnia di suo figlio e per chiudere un tour in Sicilia. Anna Maria Testa, studia, insegna e viaggia. Lo fa con ogni mezzo e si vanta di “aver fatto il giro del mondo”. Del suo modo di vivere il turismo e dell’Italia turistica ne ha parlato con TTG Italia in questa intervista.

Dopo aver girato il mondo ha ancora voglia di fare la valigia?
Ho un ottimo rapporto con il viaggiare e, a parte l’Antartide, ho toccato tutti i continenti. Ho fatto il mio primo grande viaggio, piuttosto avventuroso, a poco più di vent’anni, negli anni Settanta, tra Thailandia, Filippine e Hong Kong. Ho fatto viaggi super confortevoli e viaggi molto scomodi. Ho anche fatto il giro del mondo. Quest’estate sono tornata in Giappone, girandolo in treno con mio figlio. Che è cresciuto a sua volta da bravo viaggiatore. Poi sono stata in Toscana e in Sicilia, per chiudere.

Lei viaggia in Italia con gli occhi del turista? E cosa vede?
Viaggio in Italia tenendo gli occhi aperti, sempre pronta a fare una deviazione. Poi, siccome il turismo è una delle maggiori attività economiche del nostro Paese, e poiché mi occupo di comunicazione per le imprese, nel mio sguardo c’è anche una componente tecnico-professionale.

Cosa la affascina e cosa non le piace del nostro Paese?
Del nostro Paese moltissime cose mi piacciono, diverse mi innervosiscono e alcune mi danno una grande tristezza. È fin troppo ovvio dirlo: l’Italia è un posto che potrebbe essere meraviglioso, che molte volte riesce a essere incantevole e qualche volta è davvero indecente.

Il brand Italia esiste per davvero?
Preferirei dirlo in italiano: marchio. Anche la nostra lingua, la quarta più studiata al mondo, è una componente dell’attrattività del Paese. Comunque: il marchio Italia esiste nella mente di moltissimi viaggiatori stranieri. È fatto di paesaggi, città e borghi, stile di vita, cucina, eleganza …Il marchio Italia, ahimè, non esiste nella mente di molti italiani.

Come dovrebbe svilupparsi e cambiare l’immagine dell’Italia? Cosa buttare e cosa invece tenere?
Non c’è niente ‘da buttare’: come si fa a pensare di buttar via un pezzo di Paese? C’è invece moltissimo da valorizzare, e c’è molto da cambiare o da migliorare, anche prendendo esempio da Paesi che si sono affacciati sul mercato turistico secoli dopo di noi. Ci sono anche da fare cose molto concrete: per esempio, tenere aperti i musei, tenere pulite le stazioni e le città, offrire informazioni facili da trovare, comprensibili e ben tradotte in rete, imparare le lingue straniere e imparare a interagire con gente che viene da tutto il mondo. E, ovviamente, non bisogna sfregiare le campagne e il paesaggio, nè trasformare le periferie in non luoghi e bisogna fare una manutenzione adeguata di città e monumenti.

Come si crea un marchio Paese o una destinazione?
Mi sembra una distinzione suggestiva, e forse utile in termini di analisi teorica, ma dal punto di vista pragmatico artificiosa. Io parlerei di valorizzazione di un sistema - più ampio dall’attuale - di mete non solo desiderabili ma possibili, nella cornice di un Paese che, ancora oggi, può far sognare.

Quali sono i brand Paese e le destinazioni più forti a livello internazionale e perché?
Nel marketing c’è una cosa fondamentale che si chiama ‘posizionamento’. Significa capire in che modo e con quali vantaggi distintivi un’offerta si rapporta con quelle concorrenti. Si lavora sempre sulle differenze, e per questo valorizzare tutto quanto, ed è tantissimo, rende l’Italia diversa e non intercambiabile con altre mete turistiche. Ma non basta ‘fare comunicazione’, così come nella vita quotidiana non basta ‘dire qualsiasi cosa’. Bisogna dire la cosa giusta.

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