Mercato cinese, la ricetta per fare business

Numeri impressionanti di cui l'Italia rosicchia solo una minima parte. E non perché non abbia gli asset necessari per competere, ma per mancanza di conoscenza del mercato.

Quando si parla di Cina, i numeri sono sempre notevoli. Secondo Giancarlo Dall'Ara, intervenuto ad un seminario realizzato dalla Camera di Commercio di Torino, le previsioni sui flussi outgoing dalla Cina per il 2014 sono di 110 milioni di viaggi, il 40 per cento dei quali si ferma ad Hong Kong.

Di questo numero imponente, l'Europa si aggiudica all'incirca 7,5 milioni di viaggi. Ma in Italia, nel 2012, quando i viaggi all'estero dei cinesi sono stati 83 milioni, sono stati rilasciati soltanto 300mila visti. Un gap enorme, dovuto fondamentalmente alle lungaggini burocratiche necessarie per ottenere un visto per la Penisola, in parte risolte nel corso del 2013, ma che ancora fanno in modo che i cinesi scelgano altre destinazioni più 'comode' dal punto di vista dei permessi di ingresso.

Il gap del nostro Paese nei confronti del mercato cinese non è solo una questione di visti. "Non lo conosciamo e viviamo di preconcetti" dice Dall'Ara. Che dà alcune pillole sulle novità dell'enorme bacino turistico. "Non è vero che i cinesi viaggiano solo in gruppo – dice – il nuovo trend e la nuova 'moda' sono i viaggi individuali". E ancora: "Il mercato cinese è molto 'social'. Solo, è necessario conoscere quali sono i social più utilizzati in Cina, che non corrispondono ai nostri". E infine: "Attenzione, perché quello cinese è un mercato in forte evoluzione e cambiano anche gli interessi: cominciano a piacere anche la vacanza in spiaggia e il soft adventure oltre allo shopping e alla cultura".

Quello che Dall'Ara sottolinea è la necessità da un lato di conoscere il mercato e dall'altra di avere più coraggio nel proporre prodotti alternativi al consueto tour delle grandi città d'arte.

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