L’Italia è casa mia

Scrivere di casa è sempre difficile. Un po’ perché è casa, e allora la vorresti tenere tutta per te, un po’ perché ci sei così abituato che il fatto che sia anche bella, beh.. proprio non lo vedi.

Chi mi legge lo sa: io vivo in provincia di Torino, in una cittadina che si chiama Chivasso.
E che ci sia qualcosa per cui vale la pena andare a Chivasso (a parte casa mia, è chiaro) francamente mi era abbastanza ignoto.

Poi ti capita la fortuna di essere coinvolta in un evento, Sovraexposizione, che fra le altre cose prevede un press tour.
Un press tour a casa mia?

Già.

E così scopri che a casa tua c’è un farmer market, che tu hai sempre chiamato soltanto ‘il mercato’. E che c’è una delle opere di ingegneria più interessanti dell’800, il Canale Cavour, che parte proprio da lì e bagna le risaie di Vercelli (a onor del vero, la mia bravissima maestra delle scuole elementari questa cosa qui ce l’aveva detta).

E che da casa mia hai vicino castelli sconosciuti, come quello di Mazzè, e laghi e colline, ed eccellenze di produzione vinicola e chef stellati, come Mariangela Susigan, del ristorante Gardenia a Caluso, che ti portano anche a vedere il loro orto.

Ma scopri che anche qui, malgrado il coraggio di un gruppo di sindaci che hanno investito su un evento per la scoperta del territorio, manca quello che, nell’Italia piccola che cerco di raccontare, manca un po’ dappertutto. Ossia il prodotto.

È un po’ come la bottiglia che vedete in questa foto. Quella bottiglia lì, quell’acqua lì, in realtà, non esiste. O meglio, esiste, ma non è accessibile, vendibile, non è turisticamente sfruttabile.

È un bel ‘potrebbe esserci’, è il sogno di sfruttare le bellezze, innegabili, dell’Italia minore. A cui manca, però, il pacchetto da vendere, il prodotto pronto, per impegnare un weekend, per portare i turisti e convincerli a tornare. Manca il sistema, mancano i collegamenti, gli investimenti. Con buona pace delle idee del ministro Franceschini, alla periferia dell'impero turistico manca tutto.

Ma siccome da qualche parte bisogna incominciare, partiamo da quella bottiglia.

È una sfida che tutta l’Italia minore si pone. Ci vuole coraggio. E anche un po’ di follia.

Ps per i cultori della materia: l’acqua in foto arriva da San Genesio, frazione di Castagneto Po, località sulle colline torinesi. Lì c’è una fonte solforosa, il Regio Fonte, chiusa da vent’anni.
La bottiglia è un modo per ricordare che c’è, e che si sta lavorando per riaprirla.

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