La storia di MarTa e gli ori di Taranto

Si chiama Marta, sta all'altro capo dell'Italia e mi fa venire il nervoso.

MarTa non è una mia amica. In effetti, è un lui. Ma non è mio amico lo stesso, purtroppo.

MarTa è il Museo Archeologico di Taranto, un posto spettacolare che contiene cose altrettanto spettacolari in una città nota alle cronache per spettacoli tutt'altro che affascinanti.

Prima di sprofondare sotto i fanghi dell'Ilva e entrare nel cono d'ombra di una città a declino industriale, Taranto è stata un'altra cosa.

Prima, molto prima…

Taranto è stata una delle capitali della Magna Grecia, e fra il IV e il III secolo avanti Cristo è stata uno dei centri di maggior produzione orafa del bacino mediterraneo. Gli ori di Taranto erano famosi, erano la delizia delle matrone, erano dei piccoli capolavori artigianali.

Li avete mai visti?
Non dite no… perché anch'io ero sicura di non averli mai visti e invece… "Ma sono i gioielli di Bulgari!". No, sono gli ori di Taranto.
L'eleganza e l'assoluta modernità dei capolavori orafi tarantini li fa accostare istintivamente ai gioielli prodotti dal famosissimo marchio di oreficeria. Tanto che qualche anno fa, all'Expo di Shanghai, le due cose sono state affiancate: gli ori di Taranto e i gioielli di Bulgari, vicini, a raccontare la cultura italiana legata da millenni con un filo d'oro.

MarTa, però, mi fa arrabbiare.
Contiene tesori incredibili, meraviglie da far girare la testa, e chiude.
Giuro: chiude. Sul sito si legge che dal 30 settembre il museo sarà chiuso per terminare i lavori di restauro, e che la riapertura è prevista per dicembre.

Ma come chiude? A settembre? Ma settembre in Puglia è un mese che più turistico non c'è.  
E poi ancora: ma spostare temporaneamente la collezione, di modo che sia visibile, visitabile. Di modo che si possa sognare su quell'oro antico una nuova età dell'oro anche per noi?

MarTa, invece, chiude.
E io, per quel che serve, mi arrabbio.

twitter @cperoglio

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