Il commento del direttore
Remo Vangelista
Non si vive di solo outgoing. Il mercato del turismo se ne sta accorgendo, a partire dalle agenzie di viaggi fino ai principali operatori del mercato. C’è chi ha messo in moto la macchina in tempi meno sospetti (già da anni diversi dettaglianti hanno deciso di votarsi all’incoming) o chi ha scelto la platea dell’Expo di Milano per stringere rapporti e contratti (come Uvet).
Ma anche Alpitour sta riservando un occhio di riguardo ai turisti che arrivano da oltreconfine per scoprire l’Italia. “L’immagine di Alpitour è cambiata - afferma il presidente e a.d. Gabriele Burgio in un’intervista pubblicata su lastampa.it -: eravamo solo l’azienda che porta gli italiani all’estero, adesso continuiamo a esserlo ma in più siamo anche il gruppo che porta qui in Italia gente di altri Paesi”.
La chiave è tutta in quella locuzione, “ma in più siamo anche”: sintomo che il tour operator di via Lugaro ha deciso di rimpolpare il business con buone dosi di incoming, non di accantonare l’outgoing. Perché quest’ultimo forse non sarà lo stesso di qualche anno fa, ma comunque resta una parte imprescindibile del business del turismo per le imprese italiane.
I numeri di cui parla Burgio nell’intervista lasciano poco spazio all’interpretazione: 192mila stranieri portati da Alpitour in Italia nel 2015, con l’obiettivo di crescere ancora. Mettendo in moto un meccanismo virtuoso che vede due asset fondamentali: gli alberghi e la compagnia aerea.
Neos, il vettore di casa Alpitour, gioca un ruolo fondamentale nella strategia. Poi il t.o. “contribuisce all’arrivo di turisti in Italia aprendo nuovi alberghi e vendendo in blocco posti letto” agli operatori stranieri, prosegue il presidente.
Insomma, se l’incoming fino a qualche tempo fa è stato un terreno da piccole aziende, ora non è più così: è diventato un gioco da grandi. E i grandi sono pronti a giocare.
Francesco Zucco
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