Dalle low cost alle major, il business ancillary si espande

Sembravano solo un cavallo di battaglia delle low cost. Ma ora i ricavi accessori, le ancillary fee, sono sempre più importanti anche per gli altri vettori.

A certificarlo l’ultimo studio condotto da IdeaWorksCompany, commissionato da CarTrawler, che ha passato in esame i bilanci delle 59 società mondiali che forniscono questo dato.

Nel complesso valgono 31,5 miliardi di dollari (dati 2013), mentre nel 2012 erano 27,1 miliardi, anche se in quel caso si trattava di 53 vettori. Un’enormità rispetto ai 2,7 miliardi della prima indagine del 2007. In testa a questa classifica c’è United, con ricavi per 5,7 miliardi di dollari. Oltre il doppio dei 2,5 miliardi di Delta, seguita da American (2 milardi) e dal primo big europeo, Air France/Klm con 1,7.

Numeri che mostrano un cambiamento a livello commerciale e di marketing. “Le compagnie assistono alla crescente propensione dei clienti verso servizi che prima non consideravano centrali per il loro business - spiega Michael Cunningham, capo della divisione commerciale di CarTrawler -. Di conseguenza devono trasformarsi in rivenditori di un viaggio multiprodotto”.

Se i vettori tradizionali dominano come valore assoluto, sono le low cost a mettere questi ricavi al centro dei piani di sviluppo. Lo dimostra l’analisi sulla percentuale delle ancillary sul totale del fatturato: 635 milioni, corrispondenti al 38,4 per cento, per Spirit; 478 milioni, il 34,9 per cento, nel caso di Wizz Air; 296 milioni (il 27,7 per cento) per Jet2.com e 1,6 miliardi (il 24,8 per cento) per Ryanair.

E le italiane? Di loro non c’è traccia. Lo studio rileva soltanto che, nel 2007, Alitalia era al decimo posto nel mondo, con 49,3 milioni di euro. Ma oggi non fornisce dati.

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