Oltre confini e perimetri

In un’estate turistica che secondo i più accreditati previsori sarà probabilmente archiviata come la migliore degli ultimi dodici anni per numero di persone movimentate, un dato non meno degno di riflessione si è palesato sulle pagine di qualche quotidiano nazionale. Pare che in questi caldi mesi estivi un bambino su quattro non vada in vacanza, e non possa neppure permettersi un tuffo al parco acquatico o una settimana di giochi al centro estivo. Neppure in quelli dove sette giorni con pranzo al sacco rigorosamente portato da casa costa in tutto dieci euro.  

Ma perché il settore dovrebbe preoccuparsene visto che lo sfortunato target non rimpinguerà le fila dei vacanzieri e neppure le casse del comparto? Anni fa, quando il corpo docenti nazionale era in rivolta contro i viaggi d’istruzione - inappropriatamente declassati al rango di “gite” e pertanto reputati superflui o in ogni caso di trascurabile importanza - un dirigente scolastico mi disse che una ragione per battersi in favore del turismo scolastico ci sarebbe e che ogni insegnante dovrebbe averla ben chiara.

Grazie a quei viaggi – spiegò – buona parte dei ragazzi delle scuole di periferia (e non solo) ha l’occasione – in molti casi l’unica possibile – di mettere il naso fuori dal proprio quartiere, per esplorare non solo il proprio Paese o quelli altrui, ma spesso semplicemente per scoprire il centro storico del proprio capoluogo”.  

La ragione per cui il mondo del turismo dovrebbe considerare la questione sta proprio qui. Non occorre infatti un acume strategico fuori dal comune per comprendere che per creare adulti desiderosi di viaggiare sia fondamentale educare al piacere del viaggio. Un’impresa sempre più complessa in un contesto sociale affannato a reperire le risorse minime per sopravvivere. E, pertanto, non più meramente delegabile alle famiglie o, per ricaduta, alle scuole.

Potrebbe a questo punto valere la pena di valutare se e cosa il comparto potrebbe fare per correggere il trend. Aprire per un giorno la piscina di un villaggio turistico anche ai piccoli ospiti che non potrebbero altrimenti fruirne? Mettere a disposizione gratuitamente un autopullman per un’escursione in centro, in un museo, in campagna oppure al mare? Bello, nobile, ma costoso, potrebbe giustamente replicare qualcuno. Verissimo, anche se nel settantesimo anniversario del varo del Piano Marshall sarebbe bello concedersi il sogno di poter guardare oltre il perimetro della cassa aziendale e puntare gli occhi sul futuro vero, quello con la F maiuscola.

Appellandosi a un paio dei principi che a suo tempo ispirarono il Segretario di Stato poi Premio Nobel per la pace: garantire ai meno fortunati una migliore educazione e mostrarsi più disposti alla cooperazione.
All’epoca lo si fece (anche) per restituire ossigeno all’Europa. In questo caso lo si farebbe per accrescere il numero di cittadini tesi alla ricerca del bello, alla riscoperta delle proprie origini, al piacere della condivisione con l’altro. Con un pizzico di cinismo ‘marketing oriented’, potremmo aggiungere che l’operazione sarebbe utilissima per assicurarsi un bacino di clientela più nutrito per il domani. E creare un’indispensabile riserva di ossigeno per il futuro del settore.

@paolaviron

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