Caro cliente, che non entri (più) nella mia agenzia

Caro cliente, ti scrivo perché sono passati mesi dall’ultima volta che sei entrato nella mia agenzia. Ti telefonerei o ti manderei un messaggio, ma eri proprio tu a dirmi che preferivi il contatto personale, e non “quelle robe dei telefonini...”. Infatti, quando venivi ci salutavamo con calore e il caffè al bar di fronte era d’obbligo (pagavo sempre io, peraltro).

Ricordo bene l’ultima volta che sei passato di qui. Ti avevo mandato a Cuba, compreso mini-tour e soggiorno in un resort 5 stelle, con tutta la famiglia, e ti avevo pure fatto avere sconto e up-grade. “Bello, certo” mi raccontasti “Ma a L’Havana ho conosciuto degli italiani che ci vanno da sempre, e fanno tutto da soli. Dicono di spendere la metà di quello che spendo io...”.  “Dicono...” ho pensato io, ma non ti ho detto nulla, visto che ti stavo riconsegnando il bagaglio a mano dimenticato da tua figlia sul volo di ritorno, per recuperare il quale avevo perso due giorni tra compagnia aerea e aeroporto. Mi hai salutato, un po’ freddamente. Poi sei sparito.

Beh, non tutta la tua famiglia. Perché un paio di mesi dopo tuo figlio è venuto in agenzia e ha impegnato la mia banconista per un’ora, per farsi cambiare data e destinazione di un volo low cost comprato sullo smartphone. La ragazza gli ha dato retta, visto che era il figlio di un buon cliente, e gli ha aggiustato la pratica gratis (vabbè, sarebbero stati 10 euro...). Lui, il ragazzo, manco mi ha salutato, forse contando che non lo riconoscessi, ma dimentica che andava a catechismo con mia figlia, dieci anni fa...

A dire il vero anche tua moglie si è fatta viva, indirettamente. Mi ha chiamato il direttore del villaggio turistico dove vi ho mandato l’estate scorsa, in Sardegna, riferendomi di una aver ricevuto una chiamata da una signora col tuo cognome: “Senta, direttore, lo scorso anno siamo stati da voi, ci siamo trovati benissimo e vorremmo tornarci, ma perché regalare soldi all’agenzia? Ci dia la stessa camera di allora, ci faccia un bello sconto e siamo tutti contenti!”. In quel villaggio ci mando una ventina di clienti ogni estate, il direttore era in imbarazzo, ma cosa dovevo fare? Ho abbozzato, e gli ho pure ricordato che il transfer da Olbia al resort ve lo avevo regalato io.

Ma io non dispero. Perché tu, caro cliente, qui in agenzia ci dovrai tornare, eccome. Quando tuo figlio avrà comprato un biglietto per New York e avrà dato retta a un amico su Facebook, che gli avrà detto che il suo passaporto va bene e l’Esta non sa cosa sia, ma tanto non serve. Quando la lista nozze che tua figlia avrà fatto sul sito di una wedding planner di Miami, per il viaggio di nozze alle Bahamas, avrà già incassato qualche migliaio di euro, ma poi si sarà bloccata e nessuno risponderà a email, telefono, Skype e neppure Whatsapp. Quando la tua segretaria, cui avrai affidato l’organizzazione della convention aziendale, avrà affidato il trasferimento in pullman a un trasportatore trovato su internet, che avrà preteso un anticipo del 50 per cento, per poi lamentarsi di non avere più mezzi disponibili e suggerire ai tuoi manager di andarci in taxi, dall’aeroporto alla location dell’evento.

Tornerai, caro cliente, tornerai. E io aggiusterò tutti i disastri che hai combinato, pur di fare a meno della tua agenzia. Ti accoglierò con calore e andremo a berci un caffè al bar di fronte. Paghi tu, per una volta?

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