Che brutte agenzie di viaggi si vedono in giro...

D'accordo, c’è la crisi. D’accordo, avete speso un botto per arredare l’agenzia, quando l’avete aperta. D’accordo, non si vende di più per merito di un divano o di una scrivania nuovi. Però il panorama delle agenzie di viaggi italiane è, in gran parte, desolante.

Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, basta fare un giro in centro, quando l’agenzia confina con un’insegna di intimo o con la boutique alla moda: il negozio più brutto è - invariabilmente - l’agenzia di viaggi.

Provo a elencare i casi più eclatanti, ma è solo la punta dell’iceberg.

Le vetrine. Per fortuna lo scempio dei fax appiccicati con lo scotch e ingialliti dal sole è più raro che in passato, ma in giro si vedono certi espositori il cui giallo è diventato bianco sporco e il cui blu ora è celeste pallido: i cartonati sono fatti per durare una stagione o due, alla terza non dovrebbero arrivare.

Le palizzate. A certi colleghi non piace farsi vedere dentro: quindi chi guarda la vetrina, dal marciapiede, vede un tazebao di poster, espositori, gadget e offerte appese al soffitto, ma non un solo centimetro dell’interno dell’agenzia.

I mobili. Solo bar e negozi trendy possono permettersi di rinnovare gli arredi ogni 4 o 5 anni, ma lasciare tutto come sta - per decenni - non è una buona soluzione. In giro si vedono ancora tristi sedie in vellutino blu, con un tondo rosso sullo schienale, davanti a scrivanie gialle con logo scolorito al centro: facevano parte degli arredi previsti da un noto franchisor veronese, ma sono passati 15 anni dalla fornitura, e li mostrano tutti.

Gli animali. Avere un cane o un gatto è cosa buona, ma vederli bivaccare in agenzia non tanto, soprattutto quando i clienti possono avere paura dei primi ed essere allergici ai secondi. Ci sono divani sui quali, anziché accogliere gli ospiti in attesa, il cane ha fatto la sua cuccia e per sederti devi chiedere il permesso (a lui, non all’agente).

Il buio. Questa è una delle cose più tristi. Ci sono negozi dove rimani abbagliato dalle luci, dove la merce la vedi anche in trasparenza, dove le commesse sembrano addirittura abbronzate. In agenzia imperversano ancora luci al neon anni ’70, dal bianco freddo e impersonale, applique impolverate, lampadine Osram di quel dì, e poca luce, perché si deve risparmiare.

Però una cosa buona c’è. I cataloghi dei t.o. che una volta, in queste settimane, venivano scaricati a quintali e abbandonati per giorni tra la porta e le scrivanie, costringendo i clienti ad aggirarli. Chissà perché porte, scrivanie e clienti ci sono ancora, ma i mucchi di cataloghi non ci sono più.

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