- 08/05/2025 12:21
Il turismo da Sandy Marton alla terapia multigenerazionale
Impazzano sulla scena turistica da decenni, grosso modo da quando Ibiza saliva alla ribalta sulle note di Sandy Marton, i voli charter schiudevano orizzonti ignoti e il mondo si prospettava come uno sconfinato lunapark.
In virtù della loro forza numerica nonché solidità economica, i baby boomers - esito, appunto, dell’esplosione demografica postbellica - costituiscono ancora oggi una cospicua fetta del turismo organizzato: una vasta tribù con grande capacità di adattamento alle nuove geografie, ma soprattutto con una formidabile predisposizione all’incontro intergenerazionale.
A dimostrarlo non sono solo i dati dell’ultimo TTG Monitor - che registrano come a livello internazionale (72%) e nazionale (50%) sia in decisa crescita la richiesta per viaggi in Italia che uniscono ragazzi, genitori e nonni -, ma anche gli indicatori recentemente divulgati da Viaggigiovani.it, che evidenziano come nei gruppi le differenze generazionali tendano ad attenuarsi, in particolare in quelli orientati su “destinazioni che vantano un fascino universale, capace di abbattere le barriere anagrafiche”, spiega il titolare Nicola Moltrer. “Che si tratti di ventenni appassionati di cultura pop o settantenni interessati all’architettura storica, in questi luoghi tutti trovano motivi di interesse e arricchimento personale. Ecco perché - aggiunge -abbiamo creato l’hashtag #NomadiModerni, valido per tutte le età”.
Nel caso specifico, le mete capaci di coagulare le più diverse fasce anagrafiche sarebbero il Giappone, “mix perfetto per giovani curiosi e adulti dinamici”; l’India Holy che favorisce gruppi eterogenei, “con partecipanti dai 20 ai 79 anni”, e poi il Nepal, “dove - continua Moltrer - di fronte alla maestosità della montagna ogni differenza generazionale si annulla”, unendo indistintamente i viaggiatori esperti fino ai 60 anni di età ai Gen Z neofiti del trekking e dell’arrampicata.
Se la domanda corre più forte dell’offerta
Ma tutto ciò accade a causa dell’ennesimo capriccio della moda o per più solide e concrete esigenze? La pedagogista specializzata in bioetica Luisa Piarulli, nel suo ultimo libro “Il talento di vivere la vecchiaia - Pedagogia per un nuovo umanesimo esistenziale” propende per la seconda ipotesi, a dimostrazione del fatto che - come accade nei settori più diversi - spesso la società corre più forte delle imprese. Perché, fa notare, la convergenza intergenerazionale è già un movimento in atto e per giunta destinato a rafforzarsi, almeno fino a quando l’innumerevole popolazione dei boomer non sarà completamente estinta.
L’incontro viene ad esempio sempre di più promosso nei progetti per la scuola primaria dove, scrive Piarulli, “il coinvolgimento attivo degli anziani stimola e motiva gli alunni allo studio della Storia e permette di acquisire il senso degli accadimenti che si succedono nel tempo, comprendere i contesti di vita di ieri e di oggi e immaginare nuovi disegni di futuro”. In alcune scuole secondarie superiori, inoltre, nei percorsi di avvicinamento al mondo del lavoro “imprenditori in pensione vengono coinvolti per spiegare agli studenti come avviare un’impresa”. E in qualche realtà regionale, così come in Gran Bretagna e in Canada, sono state adottate soluzioni edili che favoriscono la socialità tra bambini, ragazzi e popolazione âgée. Dunque, il fatto che anche al turismo venga chiesto questo contributo è in qualche misura attestazione di come anch’esso sia, a proprio modo, espressione della socialità umana e di come pertanto possa concorrere a soddisfarne le urgenze tra le quali figura, appunto, l’interazione fra generazioni. Interazione che, come ricorda Piarulli, “non solo rappresenta un connubio perfetto per l’apprendimento e lo sviluppo, ma anche un importante contributo alla salute e al benessere delle persone di tutte le età, in linea con il principio di salute promosso dall’OMS. Senza dubbio - sottolinea - uno stimolo verso un radicale quanto urgente e necessario cambiamento culturale”.