• 07/07/2025 12:08

Giovanni Tamburi, l’exit di Alpitour e il confessionale delle dinamiche familiari

Giovanni Tamburi è un finanziere (romano, ma milanese di adozione, 71 anni, con moglie molto coinvolta nel business), ma – al contrario della maggior parte dei colleghi pari grado – comunica, spesso e volentieri. Non solo, dice cose non scontate e rivela particolari non noti. Interessanti soprattutto perché in portafoglio la TIP Tamburi Investment Partners ha gli yacht di Azimut Benetti, i piumini di Moncler, le cappe da cucina di Elica, i cavi sottomarini di Prysmian, le app di Bending Spoons, i mobili per esterno di Roda, i negozi di Ovs oltre – ovviamente – alla maggioranza delle quote di Alpitour.

Dalla corposa intervista a la Repubblica del 16 giugno 2025 estrapoliamo due virgolettati di Tamburi, entrambi con addentellati turistici:

“Oggi i fondi di private equity hanno partecipazioni invendute per 3.500 miliardi di dollari, che pesano sulla testa di tutto il settore come un nuvolone nero... Tremila e cinquecento miliardi è una cifra che equivale a un anno e mezzo di operazioni di M&A a livello mondiale: per ora molti fondi preferiscono tenersi le partecipazioni per non ammettere che quello che dicevano valesse 100 in realtà vale meno. Ma per quanto potranno farlo? Intanto gli stessi fondi hanno raccolto ancora soldi che devono spendere: ora lo fanno con più attenzione, magari pensando di restare in un investimento non più per 3-5 anni, ma per 8-9”

Questa è nuova: per fondi e investitori speculativi, la “exit” (ovvero il rientro dall’investimento, tramite vendita o quotazione) è stata per decenni a 3-5 anni, perché tanto bastava affinché il capitale fosse adeguatamente remunerato; ora Tamburi parla di 8-9 anni, ovvero del doppio, e ha ragione a preoccuparsi di come tenere tranquilli chi ci mette i soldi. A latere: Asset Italia (Gruppo TIP) è entrato nel capitale Alpitour il 23 marzo 2017.

Illuminante la descrizione del “confessionale delle dinamiche familiari” ovvero del tavolo al quale si firmano i contratti grazie ai quali TIP entra nell’azionariato di imprese familiari. Alla domanda su cosa temano gli imprenditori quando aprono il capitale a nuovi soci, Tamburi risponde: “Hanno paura di perdere la loro individualità, che qualche volta è individualismo, di dover condividere le decisioni con altri. In fondo i famosi consigli di amministrazione fatti in cucina con la moglie, il figlio e il cognato all’imprenditore italiano classico vanno bene. Per cui, tranne alcuni casi in cui c’è chi scommette con entusiasmo sulla crescita, di solito gli imprenditori non sono felicissimi di sedersi a questo tavolo”.

Giusto, a quel tavolo (o confessionale) di imprenditori turistici se ne sono seduti tanti, e altrettanti si sono alzati senza firmare un bel nulla. Con due – a mia memoria - rimarchevoli eccezioni: Graziano Debellini e la sua TH Resorts, che ad agosto 2017 (coincidenze?) cedette il 46% della società a Cdp Cassa depositi e prestiti; l’Aeroviaggi di Marcello Mangia e fratelli, che nel 2021 il deal l’ha fatto con HIP Blackstone.

Altri (non molti) a quel tavolo si sono prima seduti, e poi alzati, ma con un bell’assegno in mano e un ‘arrivederci e grazie’. Cito solo un caso, eclatante per l’ammontare dell’esborso: nel 2021 Bluserena SpA venne ceduta per 280 milioni di euro dalla famiglia Maresca all’iberica Azora European Hotel & Leisure.

Conclude Tamburi: “Prendiamo partecipazioni di minoranza, ma non siamo soci finanziari che staccano il dividendo e basta. Diamo soldi, diamo coraggio, ma diamo anche testa e suggerimenti su tutto”.

Ah, ecco la vexata quaestio: alla maggioranza degli imprenditori italiani, non solo del turismo, ricevere “suggerimenti su tutto” non fa piacere...

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