- 09/01/2014 11:17
Vivere digitali per morire analogici
Tutto è digitale e davvero non se ne può più. Il termine è abusato e in particolare nel turismo. Leggo di invasioni digitali, leggo affermazioni convinte circa il fatto che un'agenda digitale sul turismo sia prioritaria per il settore. Per formazione sono scientifico e queste interpretazioni classicistiche di concetti tecnici so che portano sempre lontano, molto lontano, troppo lontano dal vero. Portano fuori strada. Completamente.
A rischio di annoiare voglio prima specificare come digitale sia un aggettivo che si riferisce ad un segnale elettrico debole capace di trasferire informazioni analogiche. La lancetta di un orologio si muove su un quadrante dando l'indicazione analogica dell'ora. Se trasformo questa indicazione in segnale elettrico e la invio, per esempio, a uno schermo a cristalli liquidi, avrò la rappresentazione digitale della stessa ora. Se batto sul tasto della tastiera di un pc, lo stesso pc trasforma in segnale elettrico debole, digitale, il gesto analogico cosi da poter poi essere visualizzato o trasmesso.
Dunque non esiste nulla di digitale per nascita, ma esiste la trasformazione di forze analogiche in segnali e rappresentazioni digitali.
Semplicisticamente siamo portati a definire digitale tutto quanto abbia a che fare con il web, con la diffusione informatica delle informazioni, con la condivisione social dipensieri e opinioni. Non è del tutto sbagliato ma induce a credere che il digitale possa esistere da solo, in quanto tale. E non è così.
Il digitale non è altro che uno strumento di trasformazione. Faccio una strategia di comunicazione e poi ne digitalizzo una parte, o tutta. Ma la strategia è il pensiero analogico alla base di tutto.
Ai sostenitori del "o digitale o morte" dico che confondono il fine con il mezzo. Cosa che in Italia siamo abituati a fare dal Macchiavelli in poi, ma che non per questo sia corretta a prescindere.
Il turismo è fatto di letti, di strade, di aerei, di treni, di piatti, di tazzine, di sorrisi, di parole, di camerieri, di baristi, di ristoratori, di gesti, di scippi, di traffico, di navi, di pizze, di hamburger, di cibi pregiati, di cibi cattivi, di paesaggi, di cieli, di sguardi, di strette di mano, di cene con amici, di bevute con sconosciuti epotrei continuare all'infinito. Tutte cose analogiche. Quello che manca in Italia è puramente analogico. È il pensiero di una politica che consideri il settore come portante per lo sviluppo economico. È il gesto di un leader di partito che che affidi il settore a persone attente, oneste e competenti.
Un albergo che fa schifo è la versione analogica di zero pallini su Tripadvisor. Il post di un tramonto o di un bel culo sono la versione digitale delle serate tra amici a guardar diapositive. Niente di più e niente di meno.
In Italia abbiamo speso milioni per un sito di promozione da sempre improbabile e inutile. E si pensa di spenderne ancora, in nome della necessita imprescindibile del digitale. Tutte balle. Nel senso che la gente tanto parte sempre da Google e sui siti di promozione fatti bene altri Paesi hanno speso il giusto, cioè molto poco, solo per esserci sulla rete.
Nell'overload di informazioni (analogiche) il web e i social sono semplicemente la vetrina di posti, fatti, opinioni.
Le vendite online sono la digitalizzazione della bottega, ma il prodotto deve essere analogico.
Viva il digitale certo, ma a patto che si sappia che il suo valore è sempre secondario rispetto a ciò che rappresenta e che trasferisce.
La confusione, oltre che facile, è molto comoda. Basta esserne pseudo esperti per credere di poter guidare il cambiamento. Ma il cambiamento è nelle cose analogiche. Dire che le primavere arabe sono state possibili grazie al web significa insultare chi quelle idee le ha coltivate. Se poi per seminarle ha usato il web, ben venga il web. Ma ai tempi di Robespierre non c'era neppure il telegrafo, eppure...
Se in cucina per farsi fighi si usa lo scalogno (Cracco dixit) nel turismo molti usano il digitale. Ma se sotto mancano le idee si corrono rischi importanti. Si fanno confusioni gravi. Che non a caso affollano la vita e le informazioni di ogni giorno.
Se a Pompei cade un muro è più semplice e comodo accusare un ministro piuttosto che la collusione tra camorra e politica locale. Se portare trenta o trecento persone in gita attraverso un Cral o un'agenzia è da sfigati e portarne altrettante facendo tam tam sul web è moderno, aiuto!
Se il turismo italiano decade inesorabilmente è più facile appellarsi al digitale panacea che non indurre la politica e le imprese a ragionare, a investire, a progettare.
Altrimenti il turismo italiano morirà. Certo con roboanti annunci digitali, ma in modo molto ma molto analogico.
Twitter @paoloaudino