Le vacanze ad agosto non sono più un must. L’ultima indagine di Tecné, realizzata per conto di Federalberghi, certifica un evidente cambio di abitudini degli italiani: crescono le partenze nei mesi di giugno e settembre, diminuiscono i giorni medi di permanenza (da 10,3 a 10), ma si moltiplicano le occasioni durante l’anno. Interpellata da Unioncamere ed Enit, Isnart ha addirittura messo in evidenza un legame diretto fra prenotazioni di giugno e soggiorni ad ottobre (con un tasso di conferma al 43%), grazie in particolare all’attrattività dell’offerta termale e delle intramontabili città d’arte.
Non sono però i soli motivi dietro il graduale slittamento delle partenze: l’Osservatorio del turismo open air di Human Company e l’Istituto Piepoli hanno fotografato pure una tendenza a scegliere periodi di minor affollamento (32% a giugno, 28% settembre) e con condizioni meteo più piacevoli (30% del totale, ma con picchi del 36% fra chi opta per un’esperienza outdoor).
Benessere e sostenibilità, ma anche ragioni economiche
“Questi risultati dimostrano un turismo in evoluzione - ha commentato il ministro del Turismo Daniela Santanchè -, più attento al benessere e alla sostenibilità, con un significativo crescente spostamento dei viaggi nei periodi solitamente meno canonici. Una tendenza che premia la bontà delle nostre politiche e l’impegno degli imprenditori del settore per un ecosistema più virtuoso ed efficiente”.
Non va tuttavia sottovalutato un fattore chiave che, in tutte le indagini realizzate, emerge con altrettanta insistenza: il 35% degli interpellati dell’Osservatorio Human Company punta a periodi di spalla prevalentemente per ragioni economiche, mentre un preoccupante 49,2% di italiani non farà proprio vacanze tra giugno e settembre, a detta di Federalberghi: chi per mancanza di liquidità (54,8%), chi per ragioni di salute (24,5%), chi ancora per questioni di famiglia (23,9%). Solo il 7,8% pare fra l’altro disposto a posticipare in un periodo differente. Non sempre sostenibilità fa rima con accessibilità.