La chiamavano ‘la cassaforte del turismo’, quel luogo a cui ci si rivolgeva quando si aveva bisogno di cash fresco. Il Mar Rosso, da quando Ernesto Preatoni vi approdò, è sempre stato una garanzia. Anche quando il turismo sembrava dimenticarselo.
Perché Sharm & co., a un certo punto, venne dato quasi per scontato dal turismo: macinava numeri con quasi nessuno sforzo, con prodotto dalle caratteristiche ben definite e apprezzatissimo per il rapporto qualità prezzo.
Poi arrivarono gli anni bui della pandemia, cui seguì la rinascita del turismo. Ma le nubi erano all’orizzonte: la situazione geopolitica mondiale si fece rapidamente incandescente. Trovare una destinazione lontana da problemi divenne rapidamente una questione complessa, con il Medio Oriente in subbuglio e le rotte verso l’Est asiatico ‘dirottate’ per evitare lo spazio aereo russo.
Uno scenario sicuramente difficile. E come sempre, quando le cose si fanno complicate, ci si aggrappa alle certezze. Nel turismo, queste ultime hanno il volto inequivocabile del Mar Rosso.
Gli investimenti
Dal progetto Red Sea Global, nel Mar Rosso saudita, a Marassi Red Sea, il piano da 18 miliardi per costruire una nuova destinazione, l’area è al centro di un nuovo fermento, segno di come resti ancora, nonostante tutte le vicende globali, una certezza per tutti.
I bilanci dei tour operator italiani, del resto, lo confermano: da quando le frontiere italiane sono state riaperte in uscita Egitto e Mar Rosso sono tornati a macinare numeri come non mai, riprendendosi il loro ruolo di colonne del turismo.
Quando il gioco si fa difficile, il Mar Rosso resta un punto fermo: mantiene la barra a dritta lontano dalle correnti, garantisce risultati. E mantiene le promesse.