Piogge di meteore, eclissi, allineamenti planetari e super lune. Se l’incredibile numero di fenomeni astronomici del 2025 ha fatto esplodere lo stargazing, la rieducazione all’esperienza del buio è forse il lascito più inaspettato dell’attuale stagione turistica: il noctourism si è infatti trasformato in un’esperienza ancora diversa rispetto a quanto evidenziato da uno studio sulle nuove tendenze di Booking.com, secondo cui il 62% dei viaggiatori d’oggi dichiara di avere come priorità il raggiungimento di “darker sky destinations” per esperienze di star-bathing (72%), di guida stellare (59%) o di tracciamento di costellazioni (57%).
I ‘dark sky places’
Sulla scorta del Manifesto europeo contro l’inquinamento luminoso promosso dalla community Dark Sky, ma in risposta anche alla mappatura realizzata da National Geographic attraverso la pubblicazione ‘100 Nights of a Lifetime’, l’after dark ha ormai preso le distanze dalla semplice idea di vivere la notte alternativamente. Alto resta senza dubbio l’apprezzamento per esperienze come il canopy al chiaro di luna lanciato in Piemonte dai cacciatori di tartufi, al pari delle visite ai mercati notturni di Bangkok o Taipei, passando per le sempre più popolari Notti al Museo o a night festival sul modello della Tai Hang Fire Dragon Dance di Hong Kong; il successo maggiore, però, interessa oggi gli oltre 230 ‘dark sky places’ certificati in 22 Paesi del mondo e in grado di tutelare più di 160mila chilometri quadrati di territorio.
Il turismo nei santuari del buio
A guidare la classifica europea sono soprattutto Francia e Germania, rispettivamente con 7 e 4 riserve, di cui i parchi regionali ‘Landes de Gascogne’, e ‘Morvan’ sono gli ultimi certificati nel 2025. “Oggi possiamo parlare propriamente di una nuova forma di darkness wellbeing - spiega Megan Eaves di DarkSky - dal momento che recenti studi hanno dimostrato che la costante interferenza di luci artificiali, soprattutto in ore notturne, altera il ritmo circadiano dell’uomo portando a disordini psicologici e depressione. È perciò fondamentale che sempre più Paesi si adoprino non solo a istituire santuari del buio, ma a creare occasioni di fruizione attraverso forme di turismo sostenibile e responsabile”. Parole che dovrebbero risuonare meglio in Italia, tenuto conto che il Belpaese non ha ancora nessuna località certificata internazionalmente.