La nuova strategia del geo-qualcosa

C’è una parola che quando si parla di turismo risulta un tantino urticante. E per una volta il termine in questione non è “storytelling” ma “geopolitica”. Sarà per quella sua coda involontariamente evocativa di guerre, migrazioni, distruzioni e carestie, fortemente contrastante con il concetto di “leisure”, ma la si tollera davvero a fatica. Al punto da generare il ricorrente mantra mediatico - in particolar modo televisivo - per cui in caso di situazioni geopoliticamente complesse i prosatori “dei panorami da sogno” elegantemente si defilano precisando che “...noi ci occupiamo di viaggi e non di politica”.

Chissà, forse chiamarla geostrategia potrebbe aiutare a renderla più digeribile perché, al di là di come la si voglia definire, è assodato che di questi tempi la geo-qualcosa potrebbe rivelarsi quantomai utile per il comparto. A TTG Travel Experience ne ha parlato Marco Valigi, politologo che negli anni ha avuto collaborazioni con NATO, Commissione Europea, European Investment Bank nonché con una trascorsa Presidenza del Consiglio dei Ministri. Autore per Egea del libro “Geopolitica per le Imprese”, ha raccontato in una quarantina di minuti al comparto come la materia di cui si occupa sia oggi più che mai d’aiuto in fase di strategia. Anzitutto per capire se i mercati a cui guarda il marketing - per l’outgoing come per l’incoming - possano mantenere sul breve e medio periodo le potenzialità del tempo presente. “La geopolitica applicata al business - ha spiegato Valigi a una platea attenta e interattiva - permette di comprendere meglio i contesti internazionali e di leggere criticità non ancora evidenti ma che potrebbero emergere. Oggi più che mai è una disciplina indispensabile per prendere decisioni informate, proteggere le supply chain, cogliere opportunità e prevenire le crisi”.

Siamo insomma in un tempo in cui, secondo l’autore, le aziende dovrebbero dotarsi di strumenti per monitorare puntualmente i segnali deboli, le evoluzioni normative e le dinamiche politiche nei Paesi chiave, “possibilmente - suggerisce - dotandosi di un esperto interno, magari individuando una figura o un piccolo team incaricato di raccogliere informazioni, valutare scenari e supportare il management nelle decisioni strategiche. E nelle grandi aziende - aggiunge - la funzione geopolitica potrebbe dialogare con i dipartimenti di risk management, compliance e con l’ufficio legale”.

Tutto questo, com’è ovvio, all’interno di un comparto che continuerebbe doverosamente ad occuparsi di viaggi e di tempo libero. Sicuramente non di geopolitica ma, eventualmente e sommessamente, di geo-qualcosa.

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