La cosa mi puzza...

Acre odore di zolfo con una ingentilente spruzzata di estratto di rosa. Sarebbe questo l’effluvio con cui tipicamente si manifestano i fantasmi, almeno secondo quanto affermano gli inglesi che in materia sono insuperabili maestri.

E lo sono al punto da essersi cimentati nel confezionamento di una “olfactory guide” celebrativa dei dodici must turistici della città di York, all’interno della quale non potevano mancare gli spettri, affiancati però da altre undici tipiche attrattive locali.

L’originale pamphlet olfattivo propone infatti alle narici dei potenziali visitatori aromi evocativi delle caratteristiche botteghe di antiquariato, degli immancabili tè pomeridiani con contorno di pasticcini, delle verdi brughiere dello Yorkshire - con tanto di corse di cavalli e fedele riproduzione delle connesse graveolenze -, dei viaggi a bordo dei treni a carbone, dei giardini di lavanda e via annusando.

Certo il fatto che alcune delle fragranze suggerite siano state catalogate come “truly disgusting” fa pensare che l’operazione necessiti di qualche limatura, ma l’idea è buona e suggerisce al turismo nuove possibili applicazioni del marketing olfattivo, fino ad oggi quasi totalmente circoscritto all’aromatizzazione degli ambienti alberghieri.
Tutto ciò senza trascurare che qualcuno è già oltre. Kraft ha infatti lanciato in questi giorni la app-sveglia “wake up & smell”, con cui non solo si può essere destati al suono dello sfrigolìo della pancetta, ma si può addirittura vincere un device collegabile allo smartphone per la diffusione in sincrono del relativo aroma.

Frivoli barocchismi del marketing? Futili svolazzi delle tecniche di persuasione occulta? È possibile, ma prima di derubricarli come tali può essere utile riflettere sulle parole del grande scrittore e viaggiatore Rudyard Kipling, secondo cui “La prima condizione per comprendere un paese straniero è annusarlo”. Chissà che non serva anche a desiderarlo.

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