ProtagonistiCostretti a fare i tour operator

“A volte sono i tour operator che ci costringono a trasformarci a nostra volta in tour operator”. Sembra uno scioglilingua, ma non è così: Luciano Carlicchi, titolare della perugina Grifo Viaggi, risponde così a una delle più annose questioni del turismo: mancano i clienti o manca il prodotto?

In che senso i t.o. vi costringono a diventare operatori?
Su certi tipi di prodotto manca flessibilità e soprattutto ci sono troppi costi aggiuntivi, come assicurazioni, quote di iscrizione e via dicendo.

E a quel punto cosa accade?
Allora ci mettiamo a cercare su diversi canali per costruire la soluzione che vada bene per il cliente.

Accade per qualche prodotto in particolare?
Soprattutto per i soggiorni nelle città o per quelli che definirei ‘complessi’, ovvero con notti in location diverse. È un tipo di turismo che segue le rotte low cost.

Dunque, lei dice che se ci fosse più prodotto in grado di soddisfare le richieste anche i t.o. venderebbero di più...
Sicuramente. Soprattutto nella fascia sotto i 40 anni.

Cambiando argomento, voi oltre che di outgoing vi occupate anche di incoming e incentive...
Sì, l’inbound pesa circa il 30 per cento sul nostro fatturato. Il nostro sito web è incentrato su quello, perché ci rivolgiamo a un tipo particolare di clientela. Per l’outgoing, invece, contiamo sul rapporto diretto.

E i convegni?
Sono più difficili. Ora abbiamo un evento importante per questi giorni, ma per il 2015 non è previsto ancora nulla.

Nel complesso le vendite che andamento hanno?
Manca la ‘via di mezzo’. Ci sono le grandi pratiche e i weekend con hotel in offerta e volo low cost. C’è una fetta di clientela che non ha problemi di budget e poi altri che invece pongono dei paletti.

La fascia intermedia viene meno perché si rivolge ad altri canali?
Difficile dirlo con sicurezza.

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