Raccomandazione Ue sui test dalla Cina: un’unità ‘imperfetta’

I rappresentanti dei 27 membri riuniti per l’Icpr hanno raggiunto un accordo per i test Covid a chi parte dalla Cina, ma solo su alcune ‘raccomandazioni’.

Solo raccomandata, e non obbligatoria, la richiesta di un tampone negativo entro le 48 precedenti al decollo. Una misura che, come sottolinea il Corriere della Sera, era la più discussa tra quelle comprese nel piano che è stato approvato: utilizzo raccomandato delle mascherine a bordo, monitoraggio delle acque reflue negli aeroporti e rafforzamento dei controlli interni, con test casuali su chi atterra nell’Ue.

La “stragrande maggioranza” che, secondo un portavoce, era pronta ad adottare i controlli non si è allargata a tutti i 27 membri. E la differenza tra raccomandazione e obbligo potrebbe essersi giocata proprio sul test all’imbarco.  
L’Austria, ad esempio, si è detta contraria a nuove restrizioni, non tanto per motivi sanitari, quanto perché il governo di Vienna teme che possano trasformarsi in un duro colpo per le casse nazionali e comunitarie: la riapertura delle frontiere cinesi, prevista per l’8 gennaio, “preannuncia il ritorno del più importante mercato asiatico per le prossime stagioni turistiche”, ha dichiarato in un comunicato una sottosegretaria del ministero dell’Economia.

E pure la Germania ha sposato una linea più cauta e ha di nuovo assicurato che “non sono necessarie nuove misure” quando Italia, Francia e Spagna avevano già annunciato provvedimenti di controllo sui passeggeri.

Lo scenario più plausibile a questo punto è che si continui ad muoversi in ordine sparso. Intanto, alla lista dei Paesi pronti a inaugurare nuove regole si è aggiunta la Svezia: Stoccolma, che dal 1 gennaio ha assunto la presidenza di turno dell’Ue, si sta preparando a introdurre restrizioni che includerebbero “un test negativo per entrare dalla Cina”.

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