Airbnb, le città d’arte e gli affitti brevi: ecco chi ci guadagna

Si chiama ‘sharing economy’, l’economia della condivisione, ma “sembrerebbe che i proventi siano molto poco ‘shared’”. Ad affermarlo è Cristina Capineri, docente di geografia all’Università di Siena, che ha coordinato una ricerca chiamata ‘Airification’, sull’impatto di Airbnb e degli affitti brevi in Italia.  Come riporta ilsole24ore.com, il risultato della ricerca lascia poco spazio all’immaginazione: stando a quanto affermato dallo studio, la gran parte dei proventi sarebbe appannaggio di quelli che vengono definiti ‘super-host’. Per fare un esempio, a Milano un solo host ha realizzato 500mila euro di incassi nel solo 2016, mentre il ricavo medio per host è stato di 1.613 euro.

Non solo: in base a quanto risulta dalla ricerca, sarebbero in aumento il numero di host che ‘collezionano’ inserzioni. Un fenomeno che farebbe pensare alla presenza di una sorta di ‘agenzie intermediarie’ che gestiscono gli affitti brevi per conto degli effettivi proprietari.

Le tendenze degli affitti brevi
Uscendo dal discorso ricavi, la ricerca mette in luce un’altra tendenza, ovvero quella dell’offerta di case intere rispetto a quella delle singole stanze. Un trend che è in aumento in tutte le città considerate (in totale 13: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Matera, Milano, Napoli, Roma, Siena, Torino, Venezia e Verona).

Altro dato assolutamente da sottolineare: in tutti i centri urbani presi in considerazione, il fenomeno Airbnb risulta decisamente in crescita (le cifre si riferiscono al 2016 in confronto al 2015). Qualche numero per comprendere le dimensioni del fenomeno: a Firenze si parla di un +51%, a Roma di un +44%, mentre a Venezia si arriva addirittura a una crescita del 76%.

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