Agenzie Bluvacanze: gli hotel all’estero crescono più di quelli italiani

Bene la domanda per l’estero, meno quella locale. E questo, in sintesi, quanto emerge dall’Osservatorio Bluvacanze e dai dati riguardanti il 2018. Il campione analizzato (circa 800mila prenotazioni, di cui l’80% relative al corporate e il 20% al leisure, per un totale di oltre 100 milioni di euro) rileva che la spesa media per notte in hotel è stata pari a 123 euro in Italia e 146 euro all’estero. Ma la vera differenza è la crescita della domanda: mentre per le stanze d’oltreconfine la progressione ha sfiorato la doppia cifra, con un +9,8%, per gli alberghi italiani il dato si è fermato all’1,8%.

Trend simile, anche se con una differenza meno marcata, per la spesa media per cliente, aumentata dell’1,6% per l’Italia, mentre per l’estero cresce del 3,5%.

“Una fotografia di un mercato in salute ma che accusa qualche difficoltà di crescita sulla domanda locale” è il commento del ceo del gruppo Bluvacanze Domenico Pellegrino (nella foto).

Le destinazioni top
Tra le mete più richieste, da segnalare Roma e Milano, rispettivamente al 15% e al 13%; le prime due classificate, dunque, insieme valgono oltre un quarto delle prenotazioni. Per il travel value, con il 17% ciascuna, la percentuale di incidenza cresce ancora. La spesa media a Roma è stata pari al 138%, mentre per Milano il dato è salito a 165%.

Seguono Torino, Napoli e Firenze: le prime 5, in totale, pesano per il 38% dei pernottamenti e per il 47% del travel value.

“Importante analizzare l’anticipo delle prenotazioni - sottolinea ancora Domenico Pellegrino -. Meno del 10%, infatti, avviene con un anticipo superiore ai 21 giorni ed in particolare il 68% delle richieste vengono fatte nell’ultima settimana prima del pernottamento. Questo significa che oltre i due terzi delle prenotazioni avvengono sottodata e sono quindi soggette ad una variabile prezzo che tenderà ad aumentare sempre di più. Il ruolo dell’agente, perciò, è fondamentale per generare valore aggiunto all’offerta ed impedire che il pricing diventi l’unica discriminante della scelta del consumatore”.

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