Enit, la veritàdi Andrea Babbi

“Ho servito il mio Paese, e gli sono grato per avermi concesso questa opportunità straordinaria. Se ho fatto degli errori, e, in buona fede, li ho fatti sicuramente, chiedo scusa”.

Il giorno dopo le dimissioni, peraltro annunciate e pronte da tempo, Andrea Babbi racconta a TTG Italia in una lunga intervista i suoi due anni e mezzo alla guida di Enit. Fra entusiasmi, amarezze e verità mai dette.

Le cose fatte
Rivendica i suoi meriti, l’ultimo direttore generale che l’Enit abbia avuto. Con il nuovo statuto, infatti, la figura di d.g. non esisterà più.

“Ho cercato di portare in Enit le linee guida impostate con il Piano Strategico Italia 2020 che avevo contribuito a scrivere insieme a Boston Consulting e al ministro Piero Gnudi. Venti delle azioni contenute nel piano erano relative ad Enit, e io mi sono messo a fare il lavoro di officina per tentare di impostare il cambiamento”.

Trovando una situazione complicata. “Come sempre si trovano resistenze - dice -, ma anche grandi professionalità, che ho cercato di valorizzare e che ringrazio”.

Fra le cose ‘visibili’ che si sono realizzate durante il suo mandato, Babbi elenca: “Fin da subito, il cambiamento del marchio Enit, che era desueto e soprattutto non condiviso con le Regioni, in una comunicazione comune e univoca, l’apertura di un tavolo di lavoro con le Regioni e soprattutto la ricostruzione dei rapporti con gli enti territoriali, che mancava”.

E ancora, la campagna promozionale Made in Italy e il progetto di riorganizzazione interna, la creazione di una rete di imprese del segmento Mice per la rinascita del Convention Bureau, con la partenza di una fabbrica di prodotto “per dare risposta alle moltissime richieste di eventi, congressi e incentive che arrivano soprattutto da mercati emergenti”.

E poi Expo, portata in giro per il mondo “con il logo affiancato a quello dell’Agenzia, quando ancora di Expo non parlava nessuno”. Su Expo Babbi sottolinea anche “l’aver contribuito a vendere 5 milioni di biglietti ai tour operator internazionali”.

Un risultato ottenuto con un’azione capillare, anche attraverso l’aumento del numero delle fiere a cui Enit ha preso parte. “Siamo passati, ad esempio, da zero a 3 fiere in Cina. E lo abbiamo fatto perché abbiamo ascoltato le richieste dei territori e delle imprese”. Un tema sul quale insiste l’ex d.g., il lavoro fatto per “aprire le finestre di Enit. Abbiamo abbassato i costi per la partecipazione di regioni e privati alle fiere, purché fossero nel nostro stand; così abbiamo venduto più spazi e aperto a più territori e aziende la possibilità di essere presenti all’estero”.

Babbi sintetizza: “Ho interpretato così la mia funzione: ridare speranza ai territori, alle aziende, ai dipendenti Enit”.

Sassolini
Qualche sassolino nella scarpe, però, l’ex d.g. ce l’ha e non ha remore a parlarne.
“Il mio grazie va davvero a tutti, dai dipendenti Enit, ai tre ministri con cui ho lavorato, fino al commissario Radaelli, con cui ho collaborato in un momento decisamente non facile”.

Accanto alla riorganizzazione dell’Enit che è stata bloccata da Mibact (“dopo essere stata approvata da due ministeri, e non si sa perché. Le dimissioni del presidente Pierluigi Celli sono legate anche a questo” dice Babbi) e ai problemi di cassa per i quali è stata bloccata a settembre 2014 la campagna Made in Italy (“che stava funzionando bene”), fra le note negative Babbi inserisce due passaggi chiave di contesto.

“Il passaggio del turismo all’interno del Ministero dei Beni Culturali è stato un errore. E non perché il turismo e la cultura non debbano stare insieme, ma perché il turismo va gestito al centro della governance, perché è materia trasversale”.

Ma il tema, sottolinea l’ex d.g. Enit, è un altro: “Noi, l’Italia, pecca di presunzione. Tutti i Paesi del mondo stanno spostando il turismo verso il centro del potere politico, e noi facciamo il contrario. Ci sentiamo forti, e sbagliamo”.

Italia.it
Nota dolente, parlare del portale affidato all’Enit, ma Andrea Babbi non si nasconde. “Il portale, che per tanto tempo è stato figlio di nessuno, si porta dietro da 10 anni una cattiva reputazione, anche immeritata. Bisognava avere il coraggio di ricominciare da zero, cambiargli nome e ripartire. Noi abbiamo fatto solo micro manutenzione, ma bisogna lavorarci con impegno”.

I guai legali
Sulla testa di Babbi pende anche un’indagine per abusi intorno alla sua nomina. “Spero che le indagini si chiudano e si faccia chiarezza - dice -. D’altra parte, se gli atti illegittimi sono stati fatti alla mia nomina, non li ho potuti certo fare io. Quello che mi dà fastidio è che questa questione sia stata usata per delegittimare le mie azioni, con strumentalizzazione maligne”.

Il futuro
“Da grande vorrei fare l’albergatore” confessa Babbi, ma per l’immediato futuro pensa di tornare in Emilia Romagna “ad occuparmi di imprese, di formazione, anche di turismo, ma in modo operativo. Torno a fare quello che ho sempre fatto: mettermi a servizio del territorio e dell’economia”.

La strada del turismo italiano
Ha un punto di vista privilegiato su quello che deve fare l’Italia per essere competitiva. “Dobbiamo innanzi tutto toglierci la presunzione, l’arroganza. Nel modo dell’economia globale non basta ‘essere l’Italia’: bisogna raggiungere il consumatore finale, con il mezzo che si vuole, ma bisogna arrivarci, perché la scelta è ampia”. E dà anche un consiglio agli italiani: “Sogno un turismo autarchico: gli italiani devono visitare di più il loro Paese, diventare ambasciatori turistici dell’Italia, soprattutto nell’anno di Expo. Io proporrei uno sconto sulle tasse a chi resta a fare la vacanze in Italia”.

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