Retroscena: Decreto turismo, tutto da rifare

Molto rumore per nulla.
Mentre sui quotidiani, oggi, si è aperto un fuoco incrociato su Enit, fra la notizia delle dimissioni del presidente Pierluigi Celli sul Corriere e la polemica sulla campagna promozionale su La Repubblica, il decreto sul turismo che avrebbe dovuto approdare in Consiglio dei Ministri nell'ordine del giorno non c'è.

Rimane, quindi, al palo la trasformazione dell'Enit in Agit e l'Agenzia si trova in mezzo al guado, decapitata e per ora senza una prospettiva di trasformazione certa.

Ma non è stato l'Enit lo scoglio su cui si è arenato il decreto tanto atteso dal mondo del turismo. Pare, infatti, che il nodo del contendere sia stata, come anticipato ieri da questa testata, la copertura degli interventi fiscali a favore delle imprese.

La bozza di documento prevedeva, infatti, un credito di imposta del 30 per cento per le imprese turistiche a favore della digitalizzazione, e un ulteriore credito di impresa, sempre per la stessa percentuale, per le ristrutturazione e riqualificazioni delle strutture ricettive. Il conto totale a carico dello Stato per questo doppio intervento, però, pare fosse troppo esoso: si parla di qualche miliardo di euro.

Senza contare che nell'intero schema di decreto neppure una parola era stata spesa per il balneari, ancora alle prese con la questione della Bolkestein: dimenticanza che le aziende del mare non sembrano aver gradito.

Un nuovo stop, quindi, per la riforma del comparto, con buona pace delle associazioni di categoria che avevano salutato in queste ore in maniera positiva l'intervento a favore delle aziende.
E un nuovo stop anche per l'Enit.

Un blocco del quale davvero il turismo italiano non avrebbe avuto bisogno.

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