L'ira di Pechino: "No ai test, altrimenti potremmo prendere delle contromisure"

Pechino non ci sta. E affida alla portavoce del Ministero degli Esteri, Mao Ning, la sua indignazione per l’imposizione dei test Covid ai viaggiatori cinesi da parte di una dozzina di Paesi, tra cui anche l’Italia. Un provvedimento che, spiega la portavoce “non ha basi scientifiche e alcune pratiche sono inaccettabili”.

L’irritazione del governo cinese è tale da spingerlo, come sppiega corriere.it, a ipotizzare addoiroittura “contromisure, sulla base del principio di reciprocità”.
“Ci opponiamo fermamente alla pratica di manipolare le misure di prevenzione e controllo della pandemia per raggiungere obiettivi politici” ha avvertito la portavoce del ministero degli Esteri.

La lista si allunga
Si allunga, intanto, la lista dei Paesi che hanno deciso di applicare restrizioni per cautelarsi dal Covid imponendo misure ai viaggiatori provenienti dalla Cina. Oltre all’Italia, anche il governo statunitense ora richiede un test negativo tramite tampone effettuato nelle 48 ore precedenti l’arrivo, così come il Canada, ma anche Israele e Australia.
Il nostro Paese, come spiega tg24.sky.it, è stato il primo in Europa, mercoledì 28 dicembre, a reintrodurre l'obbligo di test per i voli provenienti dalla Cina. Serve un test molecolare fatto nelle 72 ore precedenti all'ingresso, o un test antigenico nelle 48 ore antecedenti. A seguire la nostra stessa linea anche Spagna, Francia e Gran Bretagna, dove il governo si riserva di effettuare ulteriori test in arrivo per studiar ele nuove varianti.

Oltreoceano uno dei primi Paesi a optare per misure di controllo è stato il Giappone, seguito da Corea del Sud e India. E poi il Marocco, che ha deciso la misura più drastica: divieto di ingresso a tutti i passeggeri provenienti dalla Cina, a prescindere dalla nazionalità, fino a nuovo ordine per evitare una nuova ondata di contagi e tutte le sue conseguenze, come ha dichiarato il ministero degli Esteri.

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