Lavorare nei villaggi: cosa cercano le aziende

Empatia, sorriso, buona presenza e propensione a lavorare in squadra e gestire situazioni di stress. Sono le qualità che possono fare di una persona un buon candidato a lavorare in un villaggio, sia che ci si proponga come animatore, che come fotografo o massaggiatore.

Lo hanno raccontato a TTG Italia le quattro aziende che pochi giorni fa erano a Torino per ‘Job Tourism Experience Day’, la giornata di recruiting organizzata per selezionare personale per i principali player del tour operating, quali Club Med, Valtur, Eden Travel Group, Delphina, I Grandi Viaggi, Alpitour, Nicolaus e Club Viaggi.

Tutto ruota attorno al concetto che chiunque lavori nel campo debba “fidelizzare il cliente” spiega Roberto Argenti, specializzato in formazione turistica per ArForm.

Cercasi empatia e sorrisi
Quindi regola d’oro è allenare il sorriso e la compresione dell'altro. “Quando selezioniamo cerchiamo empatia - rivela Bruno Ferrera, managing director di bfwellness, società che recluta estetisti e spa manager -. Vogliamo gente che sorrida, che abbia voglia di stare con gli altri e che sappia adattarsi al villaggio”. Giornata cui hanno partecipato "220 candidati - spiega Marco Malara del Gruppo digitale - e che intendiamo ripetere annualmente".

L'importanza della lingua
Ovviamente centrale è l’aspetto comunicativo, perciò “è necessaria la conoscenza fluente delle lingue”, Simona Ricchetti di Top Target Swiss. Sia che si lavori a stretto contatto con il pubblico che dietro le quinte.

Tra le lingue più richieste “l’inglese -  spiega Giovanni Rossi, della direzione di 4Fun, società specializzata nella selezione di staff di animazione -. Ultimamente però, in base ai flussi, si richiede anche la conoscenza del russo, del tedesco e del francese. In alcuni casi anche del cinese”.

Flessibilità caratteriale
Il lavoro nel villaggio richiede un impegno che può variare dalle 3 settimane ai 6 mesi. Un impegno che richiede una particolare flessibilità caratteriale, per superare le situazioni di stress, ma anche per lavorare serenamente con i propri colleghi.

Per questo è necessario frenare l’ego. “Molti hanno l’idea dell’animatore come quella del simpaticone di cui tutti si ricordano finita la vacanza – spiega Rossi -. Non è così. Il buon animatore deve saper fare aggregazione. Riuscire a creare un buon rapporto tra gli ospiti, fare da collante e poi sfilarsi”.

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