Il caso Thomas Cook e il mondo del turismo: l’analisi di Boston Consulting

Il ciclone Thomas Cook obbliga il mercato dei tour operator a riflettere su se stesso. Che il colosso inglese stesse annegando nei debiti, almeno dal 2011, non era un segreto per gli addetti ai lavori. Il suo flop lascia spazio per i competitor, Tui su tutti, benché anche il gigante tedesco, solo da inizio anno, abbia già lanciato due profit warning.

Che succede? “Di certo, non è la domanda a mancare. La spesa per viaggi organizzati nei principali Paesi europei cresce stabilmente del 2-3% l'anno negli ultimi 5 anni, Italia compresa” argomenta Gabriele Ferri, managing director & partner di Boston Consulting Group, esperto del settore travel.

Un business model da rivedere
Sul banco degli imputati c'è il modello di business: t.o. generalisti con in pancia un vettore aereo, in qualche caso navi da crociera, strutture, servizi a terra, e presenza in decine di mercati mondiali. “Questo è un bene perché si offrono tanti prodotti ed è possibile rispondere alle esigenze dei clienti in modo più mirato” aggiunge Ferri. Ma potrebbe essere arrivato il momento di cambiare, come organizzazione e come prodotto.

Troppa complessità
Intanto, si rischia di “morire di complessità” se non si innovano le pratiche interne, come il pricing o la gestione dei contratti, investendo in digitalizzazione. Poi è fondamentale la comprensione veloce del mercato. “Occorre studiare il consumatore: capire dove andrà la domanda, analizzarne i bisogni e le abitudini di consumo. Ad esempio, in Italia i viaggi organizzati valgono oltre 8 miliardi e per l'80% sono ancora veicolati dal trade. Però due terzi della crescita del settore arriva dal canale on-line” aggiunge Ferri.

Quindi, bisogna investire in ricerche di mercato. E capire dove sia possibile differenziarsi e offrire un valore aggiunto? “E qui occorre dotarsi delle professionalità giuste, che magari non arrivano dal turismo, ma dall'e-commerce, o dai media, solo per fare degli esempi. Servono persone con esperienza nella valorizzazione delle informazioni individuali dei clienti, che oggi con il digital si ottengono facilmente”.

La specializzazione
Specializzarsi su qualcosa, prima che sia tardi, può essere la soluzione. Probabilmente nei prossimi anni assisteremo a una concentrazione ancora maggiore di pochissimi generalisti, di medio grandi dimensioni, e altri che sceglieranno un proprio marchio di fabbrica a livello di prodotto, di servizio, o di canale distributivo. I piccoli sono destinati a sparire? “No, non è una questione di dimensione” conclude Ferri. “Anzi, i piccoli, con strutture più snelle, possono rivelarsi più agili a rispondere ai cambiamenti”.

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