Compagnie di crociera: "I porti italiani devono fare sistema"

I big player del crocierismo concordano: occorre che i porti italiani facciano sistema per non perdere competitività.

La riflessione parte da un dato di fatto: "Ci sarebbero due milioni di passeggeri in più in Italia se i porti facessero sistema" è l'analisi di Sergio Senesi, presidente di Cemar Agency Network.

Un bel numero, se si pensa che il contributo diretto del comparto sull'economia italiana, nel 2011, è stato di 4,5 miliardi di euro.

Ma passare dalla teoria ai fatti è tutt'altro che semplice: "I nodi cruciali sono molti - prosegue Senesi -: programmare gli ormeggi con almeno due anni di anticipo, attrezzare le banchine e controllare i costi, migliorare la ricettività sul territorio e collegare i porti a ferrovie e aeroporti". In poche parole, "fare sistema, come sta già accadendo in altri Paesi, la Spagna in primis - aggiunge Mario Martini, senior consultant Costa Crociere -, aggiungendo anche porti alternativi a quelli esistenti".

Dello stesso parere anche Domenico Pellegrino, managing director Msc Crociere (nella foto): "In altri Paesi la crocieristica è vissuta come business perché c'è una visione d'insieme mentre in Italia questo non avviene: manca una cabina di regia".

A tutto ciò si aggiunge il recente decreto salva-coste, che se da un lato tutela l'ambiente dall'altro ha cancellato gli scali più piccoli "favorendo i nostri competitor nel Mediterraneo come Corsica e Croazia", sottolinea Senesi.

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