Una passeggiata con Umberto Eco

"Le pubblicità di viaggio devono far viaggiare con la mente", ha dichiarato una semplicissima diciassettenne di un semplicissimo istituto tecnico per il turismo compilando il questionario in cui le chiedevo di spiegare in cosa risiedesse il potere persuasivo dell'advertising turistico.

Certo, sottoposto allo stesso quesito, un professionista della materia avrebbe mirabilmente articolato la risposta in paginate di testo, approdando tuttavia alla medesima, elementare conclusione: la comunicazione di viaggio deve prima di tutto mettere in moto il pensiero e l’immaginazione di chi ne fruisce.

Un teorema ai limiti della banalità, che si potrebbe annoverare tra le ovvietà del marketing di settore se non fosse per la sua puntuale inosservanza. Non è infatti un caso che in questi ultimi tempi qualcuno – pochissimi in verità – abbia rilevato come spesso gli spot pubblicitari extra comparto restituiscano video e foto-narrazioni paesaggistiche di qualità raramente riscontrabile nei materiali promozionali per il turismo.

Eppure, come recentemente ha riportato il magazine internazionale per l’hôtellerie HotelsMag, una bella foto può far vendere in un anno anche 1.000 camere e rafforzare la brand image della destinazione. Non a caso, chi firma l’articolo consiglia di emulare l’esempio del parigino Hotel Bourg Tibourg, che ha declinato i propri valori di prodotto in uno shooting di altissima qualità ed impeccabile coerenza narrativa.

Tutto questo ricorrendo evidentemente a professionisti in grado di ‘fare la differenza’, e cioè di trasformare dei semplici scatti in ciò che Umberto Eco, nei suoi saggi di semiotica, definisce “passeggiate narrative”. L’eminente personaggio non viene tirato in ballo a caso, perché, contrariamente a quanto si possa credere, per confezionare narrazioni filmiche e fotografiche efficaci non è sufficiente premere l’apposito tasto sulle apposite attrezzature, ma è indispensabile essere consapevoli del fatto che ogni singola immagine agisce su chi la osserva come un vero e proprio testo.

Un testo – ci dice ancora Eco – "dalle infinite possibilità di lettura, che dobbiamo decidere come possa generare le interpretazioni previste dalla strategia". Missione complessa, di pura competenza umana e inutilmente delegabile alla tecnologia. Neppure a quella più evoluta.

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