Le 5 cose più odiose che ci auguriamo la nuova Alitalia NON faccia

Hanno firmato. Finalmente. In un’Italia chiusa per ferie, l’accordo tra Alitalia ed Etihad è andato in porto, alla faccia dei gufi del “tanto peggio , tanto meglio”. Sul piatto ci sono i 300 milioni di euro versati dagli azionisti italiani e 560 milioni da quelli di Abu Dhabi (leggi qui).

Soldi veri, non bruscolini, che meritano veramente una nuova Alitalia. Nuova al punto da non ripetere 5 odiosi errori/orrori che tutti noi addetti ai lavori abbiamo subito negli anni.

1) Roma-Milano: è lì che si facevano i soldi. Prima del Frecciarossa, prima di NTV, per andare dalla capitale politica a quella economica, auto esclusa, c’era solo l’aereo. E su quella tratta operava solo Alitalia, o quasi. A quei tempi, qualunque cifra era ammessa e/o tollerata. Ricordo ancora un FCO-Lin a 850.000 lire (erano ancora lire, ma erano pure vent’anni fa...) richiesti senza pudore per un’economy. Allora ti davano il quotidiano e il caffè, ma era imbevibile pure quello, oltre al prezzo.

2) Alle 18.00 cadeva la penna. Internet non c’era ancora, e se in agenzia dovevi cambiare una prenotazione o verificare una disponibilità, il solo modo era telefonare all’assistenza Alitalia. Cliente in attesa, telefono (a disco) manovrato febbrilmente, preghiera silenziosa “fa che rispondano, fa che rispondano!!”, le 17.58, le 17.59, poi le fatidiche 18.00 e... addio. Tutto rimandato al giorno dopo, ma - se era venerdì - a 3 (!) giorni dopo. Perché alle sei del pomeriggio all’impiegato Alitalia cadeva la penna, e scappare alla Fantozzi dall’ufficio era l’unica cosa che desiderava fare.

3) “Je serve er cuscino?”. Per anni, in volo, non credo di aver incontrato un hostess che non fosse romana. Beh, magari di Formia o di Terni, ma l’accento - nella stragrande maggioranza dei casi - era quello. Cadenza appena accennata, magari, ma inconfondibile. E poi quel tono indolente, quando ti serviva il caffè con sorriso d’ordinanza: certo, a te diceva “prego, signore”, ma tu ‘sentivi’che quello che pensava era “Senti, bello, c’ho da fa’ cose più importanti che sta’ qui a servitte ‘sta ciofeca, quindi vedi de sbrigatte a pija’ ‘o zucchero”.  Però, quando t’imbarcavi in un aeroporto dall’altra parte del mondo, per tornare a casa, all’annuncio “Benvenuti a bordo da Alitalia” ti veniva lo stesso la pelle d’oca...

4) I spik inglish. Oggi gli annunci del comandante non li ascolta più nessuno, presi come siamo a smanettare gli ultimi sms o whatsapp prima di chiudere il telefono. Ma una volta anche il decollo di un Roma-Brindisi aveva un qualcosa di “ufficiale”, chissà, forse per la poca abitudine a volare o perché il comandante, intravisto in cabina, ci faceva impressione, con tutte quelle mostrine. Comandante che , all’annuncio in italiano, era quasi paterno, tranquillizzante: “Atterreremo tra due ore esatte, il tempo a destinazione è ottimo”. Poi passava all’inglese, ed era (spesso) uno scempio della lingua di Shakespeare:  pronuncia indecifrabile, velocità da pater-ave-gloria, fonemi misteriosi quali “uisc iu e plisent flait” o “deng iu for flaing Alitaja”. Però pilotavano bene, quei comandanti lì, e l’applauso che strappavano all’atterraggio non era alle loro doti linguistiche.

5) La “pasionaria” di Alitalia. Maruska Piredda ebbe il suo momento di gloria nel 2008, nei giorni bollenti della prima privatizzazione di Alitalia, in procinto di essere acquista dai "patrioti" di Cai, ovvero Colaninno & soci. Piredda era la hostess "pasionaria" che gioiva perché la trattativa (che andò poi in porto) sembrava in procinto di saltare e la sua foto (raggiante, pugni al cielo e divisa Alitalia d’ordinanza) fece il giro del mondo. Di Pietro ne fu colpito, lei aderì all’Italia dei Valori e venne eletta consigliere regionale in Liguria. Mal gliene incolse: a giugno 2014 finisce in carcere per le “spese pazze”, decine di migliaia di euro per viaggi, parrucchieri, giochi, modellini di auto, frigoriferi, divani, casse di vino, tablet, computer, capi di abbigliamento... Tutto pagato coi soldi dell’IdV. Tutto ancora da dimostrare, certo.

Beh, non ci servono “pasionarie”, nella nuova Alitalia. Ma hostess, magari di colore e con accenti esotici, che ci accolgano con un “Certo, signore, sono molto orgogliosa di lavorare per Alitalia”. E con un sorriso, caldo e sincero, di quelli che non ti dimentichi più.

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