L’indifferenza non appartiene agli agenti di viaggi

In Egitto è guerra civile. Non si può restare indifferenti a quanto vediamo in Tv o leggiamo sui giornali. Anche se siamo in piena estate, anche se molti di noi sono in vacanza, anche se a Sharm o a Hurghada permane un’atmosfera di (relativa) tranquillità, anche se i clienti sono stati riprotetti in Grecia o in Spagna.

Siamo tutti coinvolti. Lo esprime bene una turista rientrata dal Mar Rosso, che dichiara al Gr1: “Da noi era tutto normale, ma non potevi non pensare che il bagnino che ti accoglieva in spiaggia o il cameriere che ti portava il caffè poteva avere un parente al Cairo, magari in pericolo di vita o peggio… La leggi nelle loro espressioni, la tragedia del loro Paese”.

Il problema è annoso: come agenti, siamo abituati ad affrontare emergenze e a sperare che le cose volgano sempre al meglio. Come padri di famiglia, mentre stai tranquillizzando il padre di una sposa in viaggio di nozze, che magari non vuole rientrare da Sharm, pensi che tu, tua figlia, l’andresti a prendere con un aereo-ambulanza, pur di non lasciarla laggiù.

Il turismo vive di questi drammatici contrasti. A Santo Domingo ci sono le spiagge più belle del mondo e ad Haiti muoiono di fame. In Sri Lanka si va per ammirare templi fantastici e intanto si fanno la guerra da trent’anni. In Libia si visitava Leptis Magna grazie alla benevolenza del dittatore Gheddafi. In Yemen sbagli una pista e ti rapiscono.

Siamo abituati, d’accordo, e sappiamo come affrontare le emergenze. Altrui. Perché quando vedi certe immagini in Tv, ti vien voglia di cambiare mestiere. Perché l’indifferenza non è degli agenti di viaggi.

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