Il commento del direttore
Remo Vangelista
Chiamarla ‘compagnia aerea Millennials’ non è bastato. Joon ha dovuto cedere il passo, con le operazioni inglobate all’interno di Air France, che ha anche rilevato tutto il personale. A ben vedere, però, il tallone d’Achille del progetto lanciato un anno e mezzo fa era evidente, ed è proprio quello che ha spinto Benjamin Smith a chiudere il vettore: la chiarezza.
Nei mesi di lancio di Joon, si sono sprecate le discussioni su cosa distinguesse realmente il vettore dalla casa madre Air France. Non i prezzi, dal momento che Joon non era una low cost. Non le rotte, dal momento che la politica della compagnia non presentava peculiarità significative. C’erano le scarpe sportive del personale e i pasti servizi a bordo orientati al pubblico di riferimento, ovvero i Millennials. Ma, oltre a questo, era difficile trovare la vera anima di Joon.
Una questione di identità
Un dubbio che deve aver colto lo stesso Smith dal momento che, poco dopo aver messo piede in Air France, pare abbia manifestato perplessità su Joon. Stando ai rumors diffusi mesi fa, il ceo non riusciva a comprendere a fondo l’identità del vettore in questione.
Ed è proprio questo, probabilmente, ciò che la vicenda Joon può insegnare al turismo (e non solo): non basta rivolgersi ai Millennials, sebbene questi siano per svariate ragioni uno dei target maggiormente corteggiati dalle aziende.
Smith non è stato l’unico a non riuscire a focalizzare il progetto Joon. Se si sia trattato di un problema di comunicazione o di progettazione del prodotto, poco importa.
Ciò che è necessario ricordare è che nel trasporto aereo come nel turismo (e come in ciascun settore) il marketing serve per comunicare al meglio la propria offerta. E per farlo serve un’idea chiara non solo sul target di riferimento, ma anche sul prodotto stesso.