- 23/09/2025 14:09
Aziende familiari, la moda insegna: cercatevi un bravo manager!
Come SAGE Executive Search, negli ultimi 13 anni ho cercato quadri e dirigenti per imprese turistiche, medie e grandi (anche molto grandi...). Nel 95% dei casi, l’inserimento di un manager serio, motivato e coerente con gli obiettivi aziendali ha prodotto ottimi risultati: vendite, fatturato, margini sono cresciuti. La grande maggioranza dei miei committenti è rappresentata da imprese familiari, nelle quali il fondatore è spesso in posizione ancora dominante e - quindi - sul cambio generazionale si giocano i destini dell’azienda. Eppure nessuno (nessuno, eh) mi ha mai incaricato di cercare il CEO che prendesse le redini dell’azienda e la traghettasse – con o senza figli, nipoti, parenti – verso il futuro. Niente manager esterni, nelle nostre imprese turistiche.
Pensavo fosse una caratteristica del nostro settore (geni come Lorenzo Isoardi, Franco Rosso o Bruno Colombo non lasciano eredi), fino a quando ho letto questo articolo di Repubblica A&F intitolato “Fashion e lusso: i rimpianti di 40 anni di industria”, grazie al quale ho compreso che anche le imprese della celebratissima moda italiana (della quale ho già scritto) hanno gli stessi problemi delle nostre. Mi spiego.
L’articolo prende spunto da un’immagine veramente iconica (la trovate qui) che ritrae dodici stilisti fra i più celebri del tempo: risale al 1985, quando Milano non era ancora diventata la capitale mondiale del fashion. Sono, da sinistra a destra, Laura Biagiotti, Mario Valentino, Gianni Versace, Mariuccia Mandelli di Krizia, Paola Fendi, il grande Valentino Garavani, Gianfranco Ferrè, Mila Shön, Giorgio Armani, Ottavio Missoni e infine (un po’ appiccicati, all’epoca non c’era Photoshop) Franco Moschino e Luciano Soprani. “Che cosa è rimasto di quei volti e di quelle storie, quarant’anni dopo?” si chiede il giornalista Francesco Manacorda “Troppo poco, è la risposta secca”. In effetti, di quei dodici giganti, solo quattro hanno resistito: Giorgio Armani, appena scomparso, che peraltro ha indicato agli eredi la vendita della maison ai francesi; la famiglia Missoni, che - dopo l’ingresso del Fondo Strategico Italiano - sta cercando un socio industriale; Laura Biagiotti e Mario Valentino che vanno avanti, sebbene ridimensionati rispetto agli anni d’oro, grazie ai rispettivi figli: Lavinia Biagiotti Cigna ed Enzo Valentino. Gli altri sono usciti di scena, del tutto o quasi, come Luciano Soprani e Gianfranco Ferrè. Oppure hanno venduto, ai colossi d’oltralpe LVMH o Kering, o agli orientali: Krizia, Fendi, Moschino, Mila Shön e pure Valentino. Destino vuole che Versace sia appena tornato in Italia dagli USA, grazie agli 1,25 miliardi di euro messi sul piatto da Prada (che nel 1985 era alle prime armi e nella foto non c’è).
“Il fil rouge che lega i soggetti di quella foto è una disomogeneità nella capacità di creare una seconda generazione di manager, superando la prima ondata di creatività” commenta un esperto di Bain & Co. “Alcuni ci sono riusciti, ad esempio Giorgio Armani; altri meno, hanno avuto fortune veloci e straordinarie, ma non hanno saputo consolidare strutture gestionali solide. E forse il rimpianto più grande è che non si sia riusciti a fare quello che i francesi hanno fatto: consolidare intorno ad alcune eccellenze. C’erano i presupposti, con Armani, Versace, Zegna, Bulgari, ma ognuno prese la sua strada individuale”.
Ecco, aver rinunciato a “creare una seconda generazione di manager” ha impedito a queste imprese di “consolidare strutture gestionali solide”, perché ognuno ha poi “preso la sua strada individuale”. Non è esattamente quello che è successo anche da noi?! Dall’Alpitour degli Isoardi alla Francorosso, da Ventaglio di Bruno Colombo alla Costa Crociere della storica famiglia genovese, solo per fare alcuni esempi. Vero, di imprese turistiche approdate con successo alla seconda (o terza) generazione ce ne sono, qui trovate il (non lungo) elenco. Ma le altre?
Un consiglio (ovviamente interessato, lo ammetto) alle imprese turistiche familiari: datemi l’incarico di trovare un manager serio, motivato e coerente coi vostri obiettivi, che faccia crescere la vostra azienda e accompagni – se ce ne sono – figli, nipoti e parenti vari. Sono certo di trovarvelo, e di farvi tutti contenti, come Leonardo Del Vecchio di Luxottica.
“Nel 2003 Leonardo Del Vecchio, a 78 anni, dichiarava: ‘Il futuro dell’azienda è nei manager. Vogliamo qualcuno che venga a insegnarci quello che noi non sappiamo’. I cacciatori di teste gli selezionarono un giovane che lavorava alla Merloni, Andrea Guerra. Del Vecchio lo incontra due volte. Due pranzi, due strette di mano. Tanto gli basta per capire che è l’uomo giusto e per consegnare a Guerra, per un decennio, il governo di Luxottica”. Che oggi si chiama Essilor Luxottica, concede dividendi milionari agli otto eredi, è guidata dal CEO Francesco Milleri, scelto anche lui da Del Vecchio. E alla quale - tra le altre - Giorgio Armani ha chiesto di cedere la sua impresa. Non a caso.