È sopravvissuta a qualsiasi tempesta e soprattutto alle profezie infauste di Michael O'Leary che, in più occasioni, ne aveva decretato la fine con i toni tipici dell’ad Ryanair. Ma per rinascere ha dovuto cambiare pelle e sembra aver centrato una nuova strategia vincente, a giudicare dall’estate definita da record.
Parliamo di Norwegian Air, che in oltre 30 anni di storia, ha attraversato alti e bassi, con la grande avventura – poi fallita – di trasportare il modello di business della low cost sui voli a lungo raggio (un’ambizione affascinante per chiunque lavori nel segmento).
Il desiderio di fare business con le rotte transatlantiche, ovviamente, era al primo posto, ma avrebbero avuto anche il merito di “democratizzare” alcune tratte aeree oggi fuori portata per molti. Avevano tentato di unire a tariffe più abbordabili Europa e Stati Uniti e anche il Sud America. O’Leary, con la schiettezza che lo contraddistingue, disse che erano condannati al fallimento, sia per una questione di costi che di servizi richiesti dai viaggiatori sulle mete più lontane.
Di fatto questo è quasi accaduto, complice il Covid che ha definitivamente fatto crollare la compagnia. Norwegian è stata così sull’orlo del fallimento, è passata attraverso varie ristrutturazioni e cambi di proprietà e ha rivisto completamente modello di business concentrandosi sulle rotte leisure in Europa, in particolare e riducendo il suo campo d’azione (il ritorno alla redditività è del 2022). Risultato: ora Norwegian è tornata a crescere e la solidità finanziaria e operativa sembra ristabilita. Merito anche di una certa flessibilità nell’inserire o togliere rotte in base alle necessità del momento.
A giugno scorso il governo norvegese ha venduto le ultime quote che deteneva, lasciando la Norwegian a una rinnovata indipendenza, frutto di una resilienza sicuramente da ammirare.