Confindustria Alberghi: “Ferragosto senza sold out”

“La settimana di Ferragosto non salva il turismo”. Così Confindustria Alberghi nel suo ultimo monitoraggio sottolinea con amarezza come il prossimo weekend stia “confermando la crisi del settore”. Sono ancora diverse le strutture che hanno deciso di rimanere chiuse e le città d’arte sembrano pagare il prezzo più alto, in termini di occupazione delle camere.

“Malgrado le strutture aperte non siano neppure al 50% del totale – sottolinea Confindustria -, siamo ben lontani dal tutto esaurito che da sempre caratterizza questo periodo dell’anno”.

Riapertura a rilento
Le riaperture dopo il lockdown sono state lente e discontinue e a giugno, nel suo monitoraggio, Confindustria Alberghi ha registrato una “consistente percentuale di strutture chiuse ormai dall’inizio di marzo e che in molti casi non hanno la possibilità di riaprire neanche nell’immediato futuro”.

Si tratta soprattutto di alberghi situati nelle città d’arte, dove è chiuso il 67,3% delle strutture, ma all’appello non mancano le destinazioni balneari, dove il 17,3% degli alberghi non ha potuto riaprire per la stagione 2020 e quelle termali, con il 6% delle realtà ancora ferme.

E sono diverse le strutture intenzionate a chiudere nuovamente.

Il tasso di occupazione
Sul fronte delle prenotazioni, “i pochi alberghi aperti delle nostre città d’arte hanno registrato un tasso di occupazione camere di poco superiore al 10% ( -70% rispetto al 2019) , il crollo dei prezzi di vendita su agosto, registrato nel 60% delle strutture aperte, continua a testimoniare quanto carente sia ancora la domanda nei nostri alberghi”.

Lavoro
Sul fronte occupazionale, la debolezza della domanda non consente alle aziende di richiamare in servizio tutti i propri lavoratori. “Ancora oggi infatti – sottolinea Confindustria Alberghi - l’83% delle imprese dichiara di lavorare con un organico ridotto rispetto a quello dello scorso anno (addirittura nel 30% dei casi con meno della metà del personale del 2019)”.

Continua ad essere importante, perciò, il ricorso agli ammortizzatori sociali (oltre il 60% contro l’84% delle primissime rilevazioni) e aumenta il numero di aziende, più del 40%, che dichiarano minori assunzioni di personale stagionale sia nelle destinazioni leisure che in quelle di città. Dato ancora più significativo questo se si considera che inizialmente le rilevazioni di giugno vedevano coinvolte circa il 20% delle strutture.

Un quadro che si riflette sulle attese per i prossimi mesi e che sposta la ripresa al 2021.

“Una crisi più lunga e profonda di quanto si poteva pensare nei giorni del lockdown, che mette seriamente a rischio la sopravvivenza del settore. Per questo – conclude Confindustria Alberghi - le scelte del Governo di questi giorni e di queste settimane, sono e saranno fondamentali per la sopravvivenza delle imprese e per garantire la sussistenza alla centinaia di migliaia di lavoratori del settore e delle loro famiglie”.

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