Affitti brevi a Milano, Aigab: “La ‘bolla’ non esiste”

Gli affitti brevi a Milano sono un comparto che, pur incidendo solo per una minima parte sul totale degli immobili disponibili, contribuisce a sostenere l’attrattività e l’economia cittadina.

L’analisi è quella di Aigab, l’Associazione italiana dei gestori professionali, e la voce è quella di Marco Celani, ad di Italianway e presidente dell’associazione, che in un’intervista al Corriere della Sera ha sottolineato come il fenomeno degli affitti brevi vada ridimensionato nelle cifre e non vada considerato come una ‘bolla’ che soffoca il mercato tradizionale.

A Milano, evidenzia Aigab, secondo i dati Istat le case sfitte sono oltre 100mila e quelle destinate agli affitti brevi nel mese di luglio sono state solo 14.916, pari all’1,8% del totale delle abitazioni complessive milanesi.

Inoltre “solo il 43% delle case di Milano è attivo stabilmente durante l’anno, mentre oltre un terzo compare offerto sulle piattaforme per meno del 30% delle notti” spiega Celani. In sostanza, dei circa 15mila immobili online, “solo 6-7 mila sono stabilmente utilizzati. Gli altri invece solo in maniera occasionale”.

Numeri che, sottolinea Celani, ridimensionano l’idea di un settore “cannibale” rispetto agli affitti lunghi. E a confermarlo è anche la provenienza degli immobili: sempre secondo l’analisi, su oltre 8 mila unità gestite in dieci anni dai soci Aigab, solo una minima quota proviene dal mercato 4+4. La gran parte arriva da case ereditate, sfitte o temporaneamente non utilizzate.

Il ritorno agli affitti tradizionali

Su Milano negli ultimi tempi si registra, inoltre, un cambio di passo: sono infatti tornate sul mercato degli affitti tradizionali case che erano state destinate agli affitti brevi. A confermare il fenomeno lo stesso Celani: “La mia società, che è la più grande e quella che da più tempo lavora sul mercato di Milano - osserva -, registra la tendenza dei proprietari a preferire il classico contratto di affitto 4+4, pur temendolo, perché se l’inquilino non paga l’affitto il proprietario dovrà comunque versare le imposte sui redditi che non ha percepito. Ed è un’assurdità che il legislatore dovrebbe correggere”.

Tra i vari aspetti che Celani sottolinea c’è anche quello non irrilevante delle dimensioni degli appartamenti destinati agli affitti brevi: l’80% di questi è infatti costituito da monolocali o comunque abitazioni con una sola camera da letto. Difficile, dunque, pensare a una conseguenza diretta sul fabbisogno di lungo periodo delle famiglie.

Se l’impatto sul totale degli immobili a disposizione è basso, è altissimo quello sull’economia urbana. Nel solo Comune di Milano, infatti, gli affitti brevi hanno generato negli ultimi dodici mesi 473 milioni di euro di prenotazioni, che diventano 1,89 miliardi se si considera l’indotto: 570 milioni spesi in ristorazione, 513 milioni nello shopping, 474 milioni in trasporti, 167 milioni in cultura, 56 milioni attraverso agenzie di viaggio. Di questa ricchezza, il 74% resta in città, traducendosi in 294 milioni di Iva e 54 milioni di cedolare secca, oltre all’imposta di soggiorno.

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