• 05/11/2025 09:01

Lavoro e trasportial centro del summitdei ministri

“I ministri sorridono, possono dire di essere tornati ai numeri prima del Covid”, commenta dal palco Antonio Lopez de Avila, direttore innovazione, investimenti ed education di UN Tourism, mentre guarda seduti i 50 ministri del turismo giunti da tutto il mondo a WTM London per il consueto Ministers’ Summit organizzato insieme a Un Tourism e WTTC. Prima di lui Gloria Guevara, ceo ad interim di WTTC, ha dato il benvenuto sottolineando come le partnership pubblico-privato siano sempre più cruciali per un’industria che vale il 10% del Pil mondiale. Le decisioni da prendere sono molte, ha spiegato Guevara, dalle nuove tecnologie da applicare, come affrontare gli impatti ambientali, come mantenere i confini aperti ma sicuri e, non da ultimo su come gestire la carenza di personale nel turismo.

Su questo punto Guevara specifica che “dopo la pandemia un nuovo lavoro su tre è stato creato dal turismo, che contribuisce con 11,7 trilioni di dollari all’economia globale. Eppure, sappiamo che nei prossimi anni 43 milioni di posti di lavoro rischiano di rimanere vacanti. Come coinvolgiamo i giovani nel nostro settore? È una domanda cruciale o ci ritroveremo con hotel senza staff e arei senza crew”.

Il nodo della formazione

Dopo di lei la tavola rotonda animata da Christian Fraser della BBC ha esplorato tutti questi temi, con particolare focus sul tema del lavoro e della formazione. Pedro Machado, ministro del turismo del Portogallo, ha parlato del gap di competenze e lavoratori in un Paese con soli 10 milioni di abitanti: “Entro il 2045 avremo 1,5 milioni di persone impiegate nel turismo. Da gennaio scorso lavoriamo a stretto contatto con le scuole nazionali di turismo per inserire persone straniere o migranti, affinché ricevano formazione specifica e anche competenze linguistiche di portoghese. Abbiamo inoltre fondato la prima scuola di hospitality insieme all’Angola”.

Si trovano d’accordo Stephanie Peacock, nuova prima ministra del turismo inglese, e Gloria Guevara sul fatto che vada cambiata la percezione dell’industria turistica delle nuove generazioni, spiega Guevara: “I giovani non vedono opportunità, pensano siano lavori temporanei e senza futuro”. Le fa eco la ministra kenyota Rebecca Miano, che conferma esserci ancora la “percezione che siano lavori per chi non va bene a scuola”.

Olga Kefalogianni, ministro del turismo greco, ha portato l’esempio delle loro scuole di turismo, gestite direttamente dal ministero: “Vi si accede per ricevere training turistico, non di management, per andare a coprire tutte quelle posizioni di medio livello. Gli studenti trovano lavoro immediatamente. Rispetto alla percezione dell’industria, la Grecia ha poi lanciato un progetto che coinvolge le scuole primarie con progetti creativi sull’ospitalità del futuro per permettere ai bambini di familiarizzare con questo settore”.

Il ministro della Bulgaria Miroslav Borshosh ha aggiunto un’altra riflessione sul tema: “Nel nostro Paese i flussi turistici si focalizzano solo su alcune località. I giovani non sempre desiderano spostarsi, ma creare una vita e una famiglia dove sono cresciuti. Per noi quindi il tema include anche il progetto di deviare i flussi e far sviluppare aree più remote, coinvolgendo questi giovani”.

La questione trasporti

Nonostante il giornalista Fraser abbia tentato più volte di indirizzare il dibattito verso i temi tecnologici, dell’AI, della biometria al servizio di sistemi di ingresso più fluidi, la questione della formazione e delle future generazioni ha tenuto occupati i ministri, insieme allo sviluppo delle infrastrutture. L’Indonesia, ad esempio, ha annunciato la costruzione di ben 37 aeroporti, così come il Libano è impegnato con un nuovo aeroporto a nord del Paese e il riammodernamento di quello di Beirut (oltre a doversi preoccupare di come tenere sicuri i confini, senza chiuderli ai turisti). Il ministro guatemalteco ha detto di invidiare i discorsi sulla biometria, perché il suo Paese ha aeroporti decisamente troppo antiquati. Il Kenya, infine, ha ribadito il problema della connettività aerea per tutta l’Africa, che spesso costringe a volare sul Medioriente per avere una connessione tra Paesi africani.

Condividi questo articolo