Cerchi lavoro? I 5 errori da evitare, dopo il Cv e prima del colloquio

Fine stagione, tempo di cercare lavoro (per chi l’ha perso, o vuol cambiare) e tempo di cercare personale (per le aziende che stanno pianificando il 2018).

Oltre a scrivere su questo blog, mi occupo di reclutare quadri e dirigenti, esclusivamente in ambito turistico. Per me, questo è tempo di leggere curriculum (a centinaia) e di fare colloqui (a decine). Siccome ho già scritto delle 4 regole d’oro per trovare lavoro, delle cappellate in occasione dei colloqui e pure del pericolo dei social, stavolta mi occupo di un’area “grigia” e molto sottovalutata, quella che si colloca esattamente tra Cv e colloquio.

Andiamo sul pratico, mi riferisco - mettiamo - al direttore commerciale di un t.o. che vuol proporsi a una catena alberghiera, che ha incaricato il sottoscritto, o un head-hunter qualsiasi, di reclutare il cco (sta per chief commercial officer, i direttori vendite non si chiamano più così). Il potenziale cco ha letto l’annuncio, mi ha mandato il Cv e ha saputo che sta per sostenere il colloquio di selezione.

Diciamo che è a buon punto, avendo già superato molti concorrenti, ma - tra Cv e colloquio - ci sono 5 errori che incombono.

1) Se ti scrivo di sabato o alle 20.45, mi rispondi - Ormai siamo iperconnessi, quindi se ti scrivo nel week-end o dopo l’orario di ufficio, non è che mi tocca attendere il lunedì o il giorno dopo, e non prima delle 9.00, per avere una risposta. Hai lo smartphone, scorri la inbox e rispondimi subito: significa che sei sul pezzo, anche quando gli altri non lo sono (1-0 per te).

2) Se mi serve una info, non te la far chiedere due volte - Il Cv va bene, ma è utile tu ci scriva anche da quando, nel t.o. dove lavori, ti occupi di vendite nel Centro-Sud, dopo essere stato sales manager al nord. Al cliente interessa, perché vuole sviluppare soprattutto al sud. Quanto ci metti ad aggiunger due righe nel Cv e a rimandarmelo? Un’ora? Un giorno (magari è sabato)? Non di più, e se te lo fai chiedere due volte mi arrabbio (1-0 per la concorrenza).

3) Le domande le faccio io - Quando stai per sostenere un colloquio, è più importante quello che l’azienda pensa di te, piuttosto che quello che TU pensi dell’azienda. Se ti sei candidato è implicito che tu in quella catena alberghiera ci voglia lavorare, non che la catena debba convincerti a farlo. Quindi, le domande - come reclutatore - le faccio io a te, non tu a me.

4) Possiamo parlare di soldi, per favore?! - In Italia è brutto parlare di soldi, sarà a causa del nostro retaggio cattolico. Già è difficile sapere quale sia la tua Ral (Retribuzione Annua Lorda), ma chiederti quanto vuoi è impossibile: “Lordo o netto? Fisso o variabile? Con benefit o senza?”. Per questo mi entusiasmo quando mi dici convinto, all’americana:  “Guardi, io prendo esattamente x mila euro, per mollare tutto e andar di là non posso prendere meno di y mila euro, punto”. Bravo, viva la sincerità. Mi sarà successo non più di dieci volte, in tanti anni.

5) Dell’azienda devi saperne più di me - Però quello che mi manda veramente ai matti è che tu stia per sostenere il colloquio e non sappia NULLA dell’azienda che ti sta per valutare. Ma come?! Oggi, coi mezzi che abbiamo, puoi sapere tutto: fatturato, aree di business, organigramma, giudizi su Tripadvisor, lo stato civile e pure le amicizie, lecite o meno, dell’a.d. (bastano i social). Devi arrivare al colloquio come a un esame all’università: devi aver studiato e ricordarti le cose. Altro che smanettare su FB.

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