Come salvare la propria agenzia di viaggi dalla chiusura? Ah, saperlo…

Erano più di 12mila nel 2011, oggi ne sono rimaste meno di 8milacinquecento, solo quest’inverno ne chiuderanno diverse centinaia. Sono le agenzie di viaggi in Italia, quelle tradizionali, con una vetrina su strada, un orario di apertura, una persona in carne e ossa che ti dice “Buongiorno! Come posso aiutarLa?”.

Ho più volte analizzato i motivi di questa ecatombe, su questo blog, quindi mi concentro sull’unico aspetto positivo della vicenda, ovvero che le 6mila agenzie che supereranno la crisi hanno qualcosa in più delle altre, e lo avranno anche per gli anni a venire.

Al tema “5 regole per le agenzie che sopravvivranno” ho dedicato un seminario, al TTG Incontri 2017, che potete vedere cliccando qui.

Ma cos’ha di diverso un agenzia che rimane aperta, rispetto a una che chiude? La scelta di abbandonare la vetrina su strada e trasformarsi in uno “studio di consulenza turistica”, come racconta il direttore di questa testata.

Oppure quella di presidiare una nicchia, come coloro ai quali serve un “solo volo” per il Brasile, che contattano l’agente di fiducia via Whatsapp: “L’email o il telefono? Roba vecchia, non li uso più da anni”, mi ha raccontato il collega – ovviamente giovane e nativo digitale – a Rimini.

O come la consulente milanese che ha ancora l’agenzia, ma la apre solo al pomeriggio, mentre dedica il  mattino (e la sera, e il week-end ) a visitare i clienti in ufficio, o a interagire con loro via social o chat.
O come l’agente romana, con agenzia al piano a due passi da Piazza di Spagna, la cui pratica media non vale meno di 4.500 euro. Fa solo quello, e lo fa meglio di tutti.

Però, nonostante tutti questi casi, se un agente di viaggi mi chiede: “Ma come si fa a non chiudere la mia agenzia, che è tutta la mia vita?” io rispondo “Ah, saperlo…”. Però lo incoraggio con tutto il cuore.

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