A cura di Paola Tournour-Viron

Divulgatrice per professione e per passione

Il boom della montagna estiva, tra certezze e dirupi

Potrebbe rapidamente precipitare nell’affollato dirupo delle occasioni perse. Oppure trasformarsi in una preziosa opportunità per sviluppare un’economia legata al turismo equamente fruttuosa e fruttuosamente equa. La montagna, insomma, potrebbe diventare per vacanzieri e popolazioni ospitanti qualcosa di diverso da ciò che mediamente è ora, diventando uno spazio in cui so-stare, cioè stare – e dunque vivere – con opportuna sapienza e traendone la giusta soddisfazione. In sintesi: per i primi (i vacanzieri) le cosiddette Terre Alte potrebbero rappresentare una benefica chance per riconnettersi con l’ambiente naturale e riappacificarsi con le altre specie viventi, mentre per le seconde (le popolazioni ospitanti) potrebbero trasformarsi in un’ossigenante fonte d’indipendenza economica e ritrovata socialità.

I dati del Ministero del Turismo al momento disponibili dimostrano infatti che queste terre registrano flussi significativamente in salita rispetto agli anni passati; un’analisi quotidianamente suffragata dalle cronache dei TG estivi nonché dai post a pioggia sui social.


D’altra parte il Rapporto Montagne Italia curato da Uncem nell’edizione Rubettino parla chiaro: il turismo “vale il 6,7% del PIL delle montagne italiane, un valore in linea con quello dell'intero Paese”. E non è tutto, considerato che il 90% degli intervistati da IPSOS per il Rapporto stesso riterrebbe “le aree montane nazionali un'importante attrattiva per i turisti”, mentre il 56% le reputerebbe anche un possibile luogo in cui vivere stabilmente.

Le 900 pagine del documento scandagliano la situazione di Alpi e Appennini, rivelando che al momento il periodo di permanenza medio dei visitatori si attesta a 3,1 giorni. Rimangono dunque margini di sviluppo, purché – e questa è la vera sfida per il futuro – fondati su premesse e regole condivise e di lungo respiro. “Il turismo in quei luoghi c'è perché ci sono paesi e comunità che li animano”, non manca infatti mai di ricordare il presidente nazionale Uncem, Marco Bussone, sottolineando pertanto con fermezza che queste “comunità non sono affatto meri borghi turistici, ma sistemi complessi, ecologici e antropici” da maneggiare con estrema cura. Non tenerne conto sarebbe “assurdo e inopportuno. Dunque, chi sale non porti tutto da casa: compri in valle, faccia vivere negozi, bar e servizi. E chi frequenta quei territori per motivi ludico-sportivi, ne comprenda e ne rispetti la complessità”.


Per chi invece avesse il desiderio di trasformarsi in Manager dei Sistemi Territoriali Montani il consiglio è di iscriversi entro il 5 ottobre alla V edizione del Master organizzato dalla stessa Uncem in collaborazione con la SAA-School of Management. Servirà a creare nuove opportunità di impiego per i giovani operatori e a specializzare chi è già attivo sui territori o vorrebbe esserlo, offrendo conoscenze e strumenti necessari per pianificare al meglio l’affluenza turistica contrastando in questo modo - e per quanto possibile - “i picchi concentrati in alcuni periodi dell’anno”, come lo stesso Bussone preferisce definire i momenti di forte concentrazione.
Senza trascurare alcune note eccezioni in cui il sovraffollamento ha raggiunto livelli non più tollerabili, per il presidente Uncem “parlare in generale di overtourism per la montagna” sarebbe infatti un errore. “Piuttosto – dice - parlerei di aumento dei flussi limitatamente ad alcuni giorni e in poche aree”. I dati del Rapporto confermerebbero il suo pensiero, ferma restando la necessità – ribadita nel documento stesso - di procedere con politiche ed azioni accorte, che preservino tutti dalla caduta nel dirupo delle occasioni perse ma anche in quello, altrettanto infido, delle soluzioni letali per la sopravvivenza dell’ambiente montano.

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