Alitalia, ultima chiamata

Ora il rischio di andare fuori tempo massimo è ancora più alto. La sospensione delle trattative con i sindacati di ieri sera, a fronte di una deadline per il via libera al piano di Alitalia fissata per oggi, complica ulteriormente la situazione e il destino della compagnia è quanto mai in bilico. Con all’orizzonte lo spettro di un’amministrazione controllata.

Posizioni distanti
Due al momento i fronti aperti. Da una parte, come detto, l’intesa con i sindacati. Le posizioni rimangono distanti, se non inconciliabili: dopo la presentazione da parte dei sindacati confederali e professionali, di una proposta unitaria sul personale che l’azienda ha giudicato insufficiente, la compagnia ha deciso la sospensione del negoziato, che però pare non essere una rottura del tavolo. Il grosso scoglio resterebbe la retribuzione del personale di volo, che rappresenta quasi 80 milioni dei 163 milioni di risparmi sul lavoro chiesti nel primo anno.

Il ministro del Lavoro Carlo Calenda, comunque, ha assicurato che l’impegno del Governo sarà quello di lavorare fino all’ultimo minuto per trovare un’intesa, necessaria per portare avanti il processo della ricapitalizzazione. Un impegno che, nella notte, ha spinto azienda e parti sociali a provare a riaprire il dialogo già da questa mattina.  

Liquidità in esaurimento
Intanto, sul tema della ricapitalizzazione la situazione appare quanto mai intricata, considerando poi che la liquidità rimasta sarebbe sufficiente per non più di dieci giorni. Nelle ultime ore si registra la disponibilità da parte di Unicredit di convertire in equity i 565 milioni di credito vantati dall’istituto, ma solo a patto che dall’altra parte il Governo scenda in campo per garantire almeno la metà del contingent equity da 400 milioni di euro. Il tutto in aggiunta a nuove linee di credito che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) arrivare dai vari soci, Etihad compreso.

Una corsa contro il tempo con risposte che arriveranno nelle prossime, convulse, ore.

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