Il commento del direttore
Remo Vangelista
Un dato appare ormai certo in questo 2024 che ha segnato la definitiva conclusione dell’effetto ‘rebound’ post pandemia: a parte rare eccezioni, le compagnie aeree hanno visto ridursi considerevolmente la redditività. E questo dato peserà sui conti di fine anno e imporrà ai vettori, sia major sia low cost, di intervenire concentrandosi su nuove strategie d’attacco.
Il caso major
Fra le major, serpeggia l’inquietudine. Basti considerare i dati diffusi da Dbrs Morningstar, citati anche dal quotidiano economico La Tribune: nel secondo trimestre del 2024 Lufthansa, Air France-Klm e American Airlines hanno registrato una flessione del 30-40% a livello di profitti operativi rispetto allo stesso periodo del 2023. Dal canto suo, il gruppo Iag è rimasto stabile mentre United Airlines rappresenta un caso controcorrente, trovandosi a chiudere con il segno più.
Allarme low cost
Se il quadro generale evidenziato dai conti dei vettori di linea appare critico, come già segnalato su questa agenzia di stampa (link), quello dei vettori low cost è allarmante.
Come riporta anche Corriere del Ticino, Ryanair vede calare i profitti operativi del 49% circa e Wizz Air del 44%, in linea con quanto accaduto sull’altra sponda dell’Atlantico in casa Southwest Airlines (-50%) e JetBlue (-74%). Anche Spirit è in rosso. A salvarsi, nel secondo trimestre, è stata soltanto easyJet (+16%) che tuttavia usciva da un periodo complicato.
Le cause
Difficile dare una lettura univoca del dato. Sicuramente a concorrere al calo c’è l’incremento dei costi operativi, in forte aumento anche al netto del calo del prezzo del carburante.
In questo quadro si è innestata la forte domanda dei consumatori, che le compagnie aeree hanno fatto fatica a soddisfare a causa dei ritardi nella consegna di nuovi aerei e parti di ricambio e della carenza di personale qualificato dopo le riduzioni conseguenti alla pandemia. In questo senso, le compagnie aeree hanno dovuto mettere mano al portafoglio, come ad esempio è stato il caso di Swiss, che ha investito 100 milioni di franchi nel personale nel 2022 e 130 milioni l’anno scorso.
Il fattore prezzo
Le low cost hanno subito la pressione dei prezzi, che dopo la fase di ripresa immediatamente successiva al periodo Covid, si sono abbassati impendendo così di continuare a compensare l’aumento dei costi.
In questo contesto, come spiega la Tribune, i vettori classici hanno potuto giocare sulle tariffe grazie ai voli a lungo raggio e all’attrattività di scelte come la premium economy o la business class. Le low cost invece, sono rimaste al palo. Eclatante l’esempio di Ryanair, che ha visto il suo traffico crescere del 10% nell’ultimo trimestre rispetto al 2023 ma, allo stesso tempo, ha dovuto affrontare un calo del prezzo medio dei biglietti del 15%. Una situazione, questa, che secondo DBRS Morningstar è destinata a durare, complice il rallentamento della spesa dei consumatori.