Codice, bocciato per insana e debole costituzione

Eccolo, il Codice del Turismo, la tentata riforma del settore del Ministro Brambilla, clamorosamente bocciato dalla Consulta per eccesso di accentramento, prerogative per Costituzione delegate alle regioni. Ed ecco esplodere il consueto coro di polemiche pro e contro, chi dice che è un’occasione mancata, chi dice che è un pericolo scampato.

Ai miei occhi le modalità con cui il codice è stato concepito e promulgato, i suoi contenuti, e soprattutto la conclusione davanti alla consulta del suo percorso mostrano solo una cosa: la distanza galattica tra le istituzioni, e la politica in generale, e l’operatività spicciola nel settore.

Partiamo da una domanda: ma aveva idea, chi ha costruito il testo, che la nostra Costituzione, per un principio di sussidiarietà, attribuisce alle regioni alcune materie in maniera esclusiva? Soprattutto, aveva idea del caos che deriva dal complesso di norme regionali che, quando va bene, regolamentano il settore? Secondo me o non ci hanno fatto caso, e già la cosa mi puzza di superficialità, o hanno sbagliato percorso per proporre una riforma comunque necessaria.

Una delle polemiche maggiori riguarda la mancata consultazione delle nostre associazioni di categoria e anche questo è un sintomo di scarsa influenza dei nostri rappresentanti (ti ascolto se sei influente, se non ti ascolto e la riforma va avanti comunque vuol dire che la tua opinione non è importante). Un'altra polemica parte invece dalle Regioni che avrebbero visto diminuire la loro autorità legislativa in materia.

La mia Regione è a Statuto Speciale, quindi “viviamo di federalismo” dal 1948. Non è che ci abbiamo guadagnato tanto. La legge quadro nazionale sul turismo, il codice previgente per intenderci, è stato recepito dalla Regione Siciliana, quindi ha valore legale sul nostro territorio. Ogni tanto la Regione prova a riformare la materia, ma fa subito marcia indietro: clamorosa la promulgazione di un decreto di regolamentazione delle agenzie di viaggi in data 2 maggio del 2008 poi ritirata con decreto del Presidente della Regione esattamente venti giorni dopo.

Dalle mie parti per essere direttore tecnico di un’agenzia di viaggi devi parlare e scrivere correntemente inglese e francese e avere maturato cinque anni di contributi in un’agenzia di viaggi come impiegato di concetto; poi nell’agenzia accanto, se sei fortunato, trovi il direttore tecnico che ha preso l’abilitazione in un'altra Regione dove invece si sostiene un esame e non sa un’acca di inglese, di francese, e magari non ha neanche lavorato in un’agenzia di viaggi.

Non parliamo delle norme sulla ricettività alberghiera e sulla classificazione delle strutture non ortodosse come agriturismi e bed & breakfast. Oggi fioriscono 'residence rurali', bed & breakfast con colazione al bar, alberghi diffusi e quant’altro, e cosa consigliamo ai nostri clienti? Una volta spiegavo ai miei clienti che agli alberghi di un certo paese nordafricano avrei tolto una mezza stella rispetto alle nostre classificazioni alberghiere; oggi devo spiegare che in alcune regioni d’Italia l’agriturismo è una struttura in cui l’agricoltore fa di tutto e poi, in maniera complementare, affitta anche qualche camera in un ex fienile sapientemente ristrutturato, in altre, forse, il proprietario ha addirittura la febbre da fieno, che lì devi aggiungere mezza stella in confort e ne devi togliere due in cortesia, però se gli aggiungi un pallino di competenza ne togli mezzo di convenienza.

Quando capiterà, invece, che una conferenza Stato-Regioni seria, converga per una riforma chiara, che detti le linee generali a livello nazionale, che renda il nostro paese univocamente identificabile dal punto di vista della qualità dell’offerta ricettiva e delle professioni del turismo e poi lasci alle Regioni, se ci crediamo ancora, la necessaria autonomia in termini di politica economica e di infrastrutture locali; se poi venissero ascoltate, ma non troppo, le associazioni di categoria meglio ancora.

Nessuno più delle Regioni ha diritto ad operare scelte sul proprio territorio, nessuno più dello Stato ha diritto di mettere ordine se la confusione regna sovrana.

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