L’incognita
low cost
Business
da rivedere

Fine del low cost, crisi del low cost, low cost senza futuro. Arrivano periodicamente gli alert sul settore che indicano l’imminente fine di un modello di business che, nel bene o nel male, ha rivoluzionato il trasporto aereo rendendolo accessibile a un pubblico molto più ampio, sacrificando al contempo quei ‘privilegi’ che rappresentavano un tratto distintivo dei voli fino agli anni Ottanta. Poi puntualmente arrivano le statistiche che ci dicono come lo share di mercato (in particolare in Europa, va sottolineato) sia sempre più a loro favore. Anche se, a onor del vero, le tariffe non possono essere definite ‘low’ come una volta.

Eppure qualche vento di crisi sembra che stia soffiando: il post Covid ha modificato le abitudini di viaggio, certe pratiche (bagagli in primis) sono state messe in discussione anche a livello legislativo e il pubblico ha ricominciato a optare per un diverso modo di viaggiare: magari con meno frequenza ma con più comfort.

Il caso Southwest

Curiosamente la prima compagnia ad accorgersene e a mettersi al lavoro per valutare un nuovo corso per il futuro è stata proprio la madre di tutte le low cost, vale a dire l’americana Southwest, quella che ha fatto proseliti in tutto il mondo. Hanno fatto sicuramente scalpore le recenti dichiarazioni dei vertici del vettore che hanno spiegato senza mezzi termini che il pubblico (almeno quello americano) oggi chiede altro: classi premium, lounge di alto livello, servizi a bordo, voli a lungo raggio. E il modello low cost rischia di essere tagliato fuori. E forse è arrivato il momento di accontentarlo.

C’è poi il capitolo long haul low cost, che si è rivelato un fallimento totale, senza usare mezzi termini. Le compagnie che ci hanno provato sono crollate come birilli una dopo l’altra: ultima in ordine di tempo l’islandese Play che ha appena annunciato il taglio di tutti i voli sugli Usa da ottobre. Motivo: non sono redditizi, anzi.

Utili in calo

Passando infine al tema dei conti, anche in questa voce iniziano a sentirsi degli scricchiolii. Due big come Ryanair e Wizz Air hanno presentato utili in netto calo nonostante abbiano fatto registrare volumi in crescita. Vero, pesano le mancate consegne di nuovi aerei o la messa a terra forzata di parti della flotta per revisioni di motori e quant’altro, ma evidentemente qualcosa da rivedere c’è.

Il monito di Clark

Come già successo in passato, non resta che attendere le prossime mosse degli attori in campo. Major comprese, perché un cambio di orientamento del mercato potrebbe favorire proprio loro. Forse non è un caso che pochi giorni fa un guru del calibro di Sir Tim Clark, presidente di Emirates, abbia lanciato un monito ricordando che forse è ora di non guardare soltanto a nuove e spettacolari first e business, ma magari anche a rinnovare l’economy con standard più moderni e adatti al nuovo pubblico. Magari, perché no, per rosicchiare clienti alle mal sopportate low cost.

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