A cura di Robert Gentile

Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter

Ma i cataloghi cartacei dei tour operator servono ancora?

Sono appena stato nella ex Germania Est, nel museo di Eisenhüttenstadt (che fino al 1961 si chiamava Stalinstadt, non aggiungo altro...) ho trovato il catalogo “Reisen ’78 | Sommer/Herbst | Das Angebot des Raisebüros der DDR” ovvero il catalogo delle agenzie di viaggi della DDR, dedicato ai cittadini della Germania comunista: visto che al di qua del Muro (che avrebbe retto ancora una decina d’anni) non potevano andare, due delle proposte più allettanti erano: “16 giorni in crociera sui fiumi Dnepr e Volga” e “Crociera di 12 giorni sul Mar Nero”. Due pagine fitte, “fotine” sgranate e quattro colonne di testo, con tutte le informazioni possibili: itinerari, soste, consigli vari, dettagli sui Paesi attraversati... Un vero manuale di viaggio, rispondente alle esigenze di viaggiatori che non avevano altra fonte di informazione disponibile. Se andare in crociera sul Volga o sul Mar Nero, lo si decideva sul catalogo “Reisen ‘78” e basta.

Quasi mezzo secolo dopo, a ottobre 2025, il Gruppo Nicolaus presenta “il Magalogue Valtur Winter 2025-2026, evoluzione del catalogo di viaggio in magazine e ripensamento della filosofia del viaggiare”. “Al di là della cura estetica negli scatti fotografici e nella ricerca di una tattilità cartacea seducente” sottolinea il direttore marketing Sara Prontera “Abbiamo inserito contributi critici di figure esterne al mondo del turismo, grazie alle quali stimolare una consapevolezza più profonda relativa all’esigenza di disconnessone e rigenerazione del viaggiatore contemporaneo”. Formato da lussuoso coffee table book, corredo iconografico di gran classe, un vero e proprio magazine da sfogliare come “Vogue” o “The New Yorker”. Chissà cosa avrebbe pensato, il cittadino della DDR, a proposito di “disconnessone e rigenerazione del viaggiatore”...

In cinquant’anni il mondo è cambiato, i viaggi pure, i cataloghi di conseguenza. Quindi, la domanda che ci poniamo oggi è: ma i dépliant cartacei dei tour operator servono ancora? Due ragioni per il SÌ e due per il NO.

SÌ perché - vedi l’operazione Magalogue Valtur - fanno immagine e quindi comunicazione. Il riconoscimento di Marchio Storico Italiano attribuito a Valtur va adeguatamente celebrato, il catalogo invernale 2025/26 diventa una sorta di monografia, come per la Ferrari o per Gucci. L’aspetto tecnico (la destinazione, il resort, le componenti del viaggio) passa in secondo piano, quello che - all’agente di viaggi prima e al cliente dopo - rimane impresso è il brand, la filosofia, l’approccio di Valtur alla vacanza. Per tutto il resto, sito e social.

SÌ perché qualcosa all’agenzia e al cliente, di cartaceo, bisogna pur darlo. Una volta le agenzie ricevevano i cataloghi a pacchi di trenta o quaranta, disseminati all’ingresso dal corriere e poi faticosamente estratti dal cellophane per essere esposti in vetrina e consegnati al potenziale acquirente. Oggi di cataloghi in agenzia ne arriva una decina per prodotto, al cliente si manda il .pdf o direttamente il link al sito, ma il catalogo è l’unica cosa che si può sfogliare con lui. Per dire, quando una coppia viene in agenzia per acquistare un costoso viaggio di nozze, girare il monitor e fargli vedere il Six Senses alle Maldive, sul sito, “è cosa da barbun”, direbbe il Milanese Imbruttito.

NO perché costano un sacco di soldi. Quante copie, a fine stagione, si buttavano via... Pacchi interi, a volte, neanche aperti. Non c’era la sensibilità green di oggi, ma era veramente un peccato, gettare via tutta quella carta (e gli alberi dai quali era tratta, pure). E poi stampare centinaia di migliaia di cataloghi (d’obbligo, quando le agenzie italiane, nel 2011, erano 11.500) comportava una spesa folle: cito a memoria, ai tempi Alpitour devolveva alla stampa di dépliant il 4% del fatturato. Oggi, quindi, meglio un bel sito e una cospicua presenza sui social, piuttosto che carta.

NO perché tanto il cliente non decide più il viaggio sul catalogo. Questione controversa, ho sentito opinioni contrastanti. La faccio breve: per Parigi, Sharm, il villaggio in Sardegna il catalogo non serve a nulla. Per la crociera sul Nilo, il viaggio di nozze in Indonesia, il trekking sulle Ande, magari sì. La discriminante, quindi, è - o potrebbe essere - il prezzo. La stessa cosa vale, con le debite proporzioni, per le guide di viaggi, tipo Lonely Planet: no per Londra, sì per l’Outback australiano.

Lascio al lettore la propensione per il SÌ o per il NO. Ma – da boomer – non posso esimermi dall’esprimere una facile profezia: il catalogo di viaggi sparirà del tutto quando noi Baby Boomer e Generazione X saremmo tutti morti, e a viaggiare saranno solo Gen Z e gli Alpha.

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