Pioggia di cifre dall'Unwto: 460 miliardi di dollari in fumo per il turismo

Alla fine è arrivato l’Unwto a snocciolare le cifre della crisi più dura di sempre per il turismo mondiale. I numeri del World Tourism Barometer non lasciano spazio a dubbi: nel solo mese di giugno gli arrivi di turisti mondiali sono crollati del 93% rispetto allo stesso mese del 2019, mentre nella prima metà dell’anno il calo è stato del 65%: una diminuzione senza precedenti, causata dalla chiusura dei confini dettata dalla necessità di contenere l’avanzata della pandemia.

In fumo 440 milioni di arrivi
Impressionanti le cifre relative alla perdita globale per le economie del pianeta: da gennaio a luglio, secondo l’Unwto, sono andati in fumo ben 440 milioni di arrivi internazionali e circa 460 miliardi di dollari in entrate derivanti dal turismo. Una cifra che rappresenta una perdita cinque volte superiore a quella innescata dalla crisi economica e finanziaria globale del 2009.

"Fondamentale il coordinamento pubblico-privato"
“L’ultimo World Tourism Barometer - commenta il segretario generale Unwto Zurab Pololikashvili - mostra il profondo impatto che questa pandemia sta avendo sul turismo, un settore da cui milioni di persone dipendono per il proprio sostentamento. Tuttavia, viaggi internazionali sicuri e responsabili sono ora possibili in molte parti del mondo ed è imperativo che i governi lavorino a stretto contatto con il settore privato per far ripartire il turismo globale. L'azione coordinata è fondamentale”.

Tra le macroaree più colpite c’è purtroppo il nostro continente: l’Europa ha subito un calo di arrivi, nella prima metà del 2020, del 66%, seguito dal meno 57% di Africa e Medioriente e dal meno 55% delle Americhe.
Ma la regione che più ha sofferto l’impatto della pandemia è l’Asia Pacifico, che ha registrato un numero di turisti in sei mesi pari al meno 72% rispetto all’analogo periodo del 2019.

A livello subregionale l’Europa mediterranea ha ospitato il 72% di arrivi in meno da gennaio a giugno; peggio di lei ha fatto solo l’Asia nordorientale, a meno 83%, ma tutte le aree hanno riportato cali di oltre il 50%.

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