Vettori low cost alla prova di BrexitLe strategie per continuare a volare

Per le compagnie aeree, la grande prova del 2019 si chiama Brexit. Anche perché, per il momento, non sono ancora emersi dettagli sul possibile accordo riguardante i collegamenti via aria tra la Gran Bretagna e l’Europa. In prima fila ci sono i vettori low cost, che sui collegamenti di corto e medio raggio fondano gran parte del business.

Tra le ultime in ordine di tempo ad essere corse ai riparti c’è Ryanair: è di pochi giorni fa, infatti, la notizia dell’ottenimento da parte del vettore dell’Air Operating Certificate per operare in Uk. Questo non toglie, però, che Ryanair abbia sollecitato comunque un accordo tra Londra e l’Ue per definire i meccanismi.

Da easyJet a Wizz Air
Ma tra gli altri nomi del low cost ad essere corsi ai ripari in vista della data fatidica del 31 marzo prossimo c’è anche easyJet, che in realtà fu tra le prime a muoversi. Già a luglio del 2017, infatti, il vettore si era premurato di creare easyJet Europe e di richiedere il certificato di operatore aereo all’Austria. Di fatto, da quel momento easyJet era diventato un gruppo con al suo interno tre compagnie, basate rispettivamente in Austria, Svizzera e Regno Unito.

Ma anche Wizz Air aveva scelto una strategia simile, anche se in direzione opposta, creando una nuova low cost inglese, ovvero Wizz Air Uk, che ha iniziato a operare a metà dello scorso anno. Il progetto, come dichiarato esplicitamente, costituiva una parte chiave del “piano alternativo per Brexit” del vettore a basso costo.

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