Caffè direttore Air DolomitiL’anima italiana che resiste

L’anima italiana non è in discussione. Air Dolomiti è  orgogliosamente posizionata all’interno del gruppo Lufthansa, però mantiene uno spirito unico di marca italica. Il timbro di fabbrica del fondatore Alcide Leali si sente, si respira anche arrivando al palazzo della compagnia a Verona.

Un tempo questi vettori erano definiti regionali, ma Air Dolomiti si è sempre sentita qualcosa di più.

Fare parte di un colosso del trasporto aereo non pare aver scalfito quello spirito italiano che si percepisce passando tra gli uffici.

In questo incontro del Caffè con il direttore Paolo Sgaramella (nella foto), chief commercial officer della linea aerea, svela prospettive e risultati senza mai entrare nel tema Ita. La trattativa con la casa madre Lufthansa resta anche in questo caso (come nell’intervista con Galantis di Lh) fuori della porta.

Sgaramella, un passato in Klm e Air Europe (guida Rattazzi), è un manager diverso dal classico dirigente di linea aerea. Non ha la rigidità del ruolo, appare a suo agio nell’intervista e sui numeri non mostra alcuna chiusura.

Partiamo dal ruolo di Air Dolomiti. È vero che cambierete strategia nei prossimi anni?
Insomma, non è vero un cambio di strategia, ma un allargamento dello scopo. Abbiamo sempre fatto feeder Italia-Germania ed ora cambieremo qualcosa del nostro network servendo rotte anche all’interno della Germania e di altre mete europee. Cambia l’approccio e l’obiettivo. Entrerà in azienda personale che parla la lingua tedesca per offrire chiaramente il servizio sulle rotte interne, ma noi siamo sempre Air Dolomiti…

Intanto da gennaio la flotta farà un altro salto di qualità. Sempre con la famiglia Embraer?
Da gennaio avremo in flotta 19 macchine. L’Embraer su queste rotte a corto-medio raggio rappresenta senza dubbio l’aereo ideale sia per i consumi sia per il servizio. Sono aerei che “lavorano” bene su aeroporti di media grandezza da 7-8 milioni di passeggeri.

Su alcune tratte ad alto tasso di riempimento non avete mai pensato di introdurre jet più capienti?
Non abbiamo macchine più grandi per scelta e per rispetto del piano industriale. Teniamo i costi sotto controllo e garantiamo un certo standard di servizio.

L’esercizio ’22 sta finendo. Avete ripreso il ritmo di traffico del ’19?
Siamo molto soddisfatti, perché malgrado un inizio complesso chiuderemo con 2,56 milioni di passeggeri trasportati, contro i 2,50 del 2019. E arrivavamo da un ’21 con poco più di 1 milione di pax. Ci siamo rialzati e molto bene direi.

Avete già previsto l’attacco al tetto dei 3 milioni di passeggeri?
Dipenderà da numerosi fattori, ma è indiscutibile il fatto che abbiamo messo nel mirino i 3 milioni di pax. Leisure e business travel hanno evidenziato previsioni positive e in alcune fasi faremo ancora servizi charter. Un piede dentro questo business vogliamo tenerlo ancora.

Peccato per le difficoltà del business travel. Il settore soffre ancora?
Il traffico d’affari è ancora sotto del 15% rispetto alla fase pre-pandemia. Si pensava ad un periodo di rimbalzo, ma si è fermato sotto certi livelli. Le pmi fanno più fatica e questo si vede anche nella scelta delle classi di servizio.

Comunque alcuni vettori stanno risalendo più in fretta di altri. Differenza dovuta a cosa?
Diciamo che qualcuno è allenato meglio ad affrontare certe situazioni. Le compagnie hanno vissuto negli anni momenti complessi e si adattano alla crisi lavorando su flessibilità ed efficienza. Adesso abbiamo tutti bisogno di un periodo di assestamento.

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