Il commento del direttore
Remo Vangelista
Il lavoro degli stagionali negli hotel è un alleato prezioso per lo sviluppo dei territori. I risultati della nuova ricerca pubblicata da Federalberghi, presentata in occasione della 75° assemblea nazionale, restituiscono un quadro positivo dell’occupazione nel comparto ricettivo italiano, ottenuto anche grazie al rinvigorimento del numero di dipendenti stagionali.
In sostanza, dice la ricerca, il lavoro stagionale, con tutti i suoi chiaroscuri, non è una fonte di criticità se gestito con equilibrio dal settore turistico ricettivo.
“I dati presentati forniscono un quadro estremamente positivo dell’occupazione nel nostro settore, che aumenta rispetto agli anni precedenti, recupera completamente quanto perso negli anni della pandemia e si consolida” dice il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca.
Rispetto al 2023, nei mesi di massima occupazione come luglio e agosto si registra il picco di oltre 430mila dipendenti, un dato che segna un +5%. Di questi, 245mila sono lavoratori stagionali (+2,2%). Proiettando lo stato attuale rispetto al 2019, invece, si nota come l’occupazione totale massima sia cresciuta del 15% circa e come la fetta stagionale sia incrementata del 24%.
Sul podio delle regioni che contrattualizzano più lavoratori stagionali sale al primo posto il Trentino Alto Adige con un massimo di 38.715 unità, pari al 77,1% sul totale della forza lavoro. Seguono l’Emilia Romagna con un massimo di 31.414 unità, pari al 71,7%, e il Veneto 23.646, pari al 55%, segno di una forte e costante richiesta di lavoro stagionale nel Nord Italia. Due terzi di loro sono italiani, il 54,1% è composto da donne e la metà del totale ha meno di quaranta anni.